Domani pomeriggio a Sutri – la ridente cittadina della Tuscia famosa per la sua storia millenaria e nota alle cronache per le gesta del suo sindaco, il critico d’arte e parlamentare professor Vittorio Sgarbi – nella splendida sede del Museo Doebbing si terrà la presentazione di un libro scritto dal giornalista Piero Meucci che raccoglie i diari inediti di un uomo che ha attraversato la storia recente del nostro Paese lasciando il segno indelebile delle sue idee e dei suoi progetti: “Ettore Bernabei il primato della politica” (Marsilio editore 2021).
Ettore Bernabei è stato per 14 anni il direttore generale della RAI e, dopo una significativa parentesi da manager di una importante società dell’IRI, ha dato vita nel 1992 a uno dei progetti imprenditoriali e culturali più rilevanti varati in Italia: la società di produzione televisiva Lux vide. Bernabei condensa alcuni valori che la società attuale fatica a recepire: dal rapporto di solidarietà e di condivisione culturale e politica costante con lo statista democristiano Amintore Fanfani, alla coerenza tra fede religiosa, scelte politiche e il lavoro di manager, ma soprattutto è un modello da seguire per riscoprire la passione per la politica. Il libro, ha scritto l’autore Piero Meucci, non è un saggio e non è neppure un romanzo, è un libro di analisi e di commento dei suoi diari. L’idea è stata di Giovanni Bernabei, e dei suoi fratelli, per rendere omaggio al padre in occasione dei 100 anni dalla sua nascita, che ne parlerà insieme a Giuseppe Corigliano e Ferdinando Mach di Palmstein.
L’incontro con Ettore Bernabei è stato per me l’inizio di una nuova vita. Era il 1966, avevo vinto il concorso pubblico a 25 posti di funzionario programmi e assegnato alla sede di Milano. Mi ero sposato da poco e stava per nascere mia figlia: intervenne affinchè fossi assegnato alla sezione prosa di via Teulada. Cinque anni dopo fui chiamato alla direzione programmi tv come produttore-sceneggiatore e poi nominato caposervizio dello spettacolo leggero.
Nel corso dei decenni trascorsi ho avuto più volte occasione di incontrarLo per parlare di idee e progetti sulla televisione e sulla politica e di ricevere consigli utili così come accadde quando, Presidente di Italstat, mi ricevette nel Suo ufficio per commentare la proposta di legge per Roma Capitale che come deputato del PSI avevo presentato in Parlamento.
Quando nel 1989 sono stato nominato direttore di Raidue andai a trovarLo per discutere con Lui del progetto editoriale che avevo in mente, non solo espressione della identità dei laici e dei socialisti, ma “contaminato” da quelle culture, prima fra tutte quella cattolica, determinanti per un processo di rinnovamento della nostra società. Mi raccomandò di pensare ad una programmazione fatta di informazione e narrazione, una televisione capace di usare la sua forza per raccontare il mondo, ma anche per interpretarlo, una televisione capace di fare cultura in quanto capace di armonizzare generi e prodotti, una televisione dialettica, che non aveva bisogno di santoni, né di imbonitori.
Quando alla fine degli anni ‘90 mi sono dimesso, prima dalla RAI e poi da Mediaset, Lui mi propose di dirigere TV2000, ma questo suo progetto, a cui aderii con grande interesse, non si realizzò per l’opposizione delle gerarchie ecclesiastiche. L’ultima volta ci siamo incontrati in occasione della presentazione del libro dell’ex direttore del tg2 Alberto La Volpe. Qualcuno aveva fatto delle osservazioni critiche sulla tv della cosiddetta Prima Repubblica e Lui, seduto silenzioso fra il pubblico, si alzò per una brevissima “lezione di storia”, una storia in cui aveva formato il management della televisione italiana che rivendicò affermando che “per fare la televisione bisogna scegliere tra quelli che la sappiano pensare”.
Senza pregiudizi e con una grande fiducia negli uomini è stato l’uomo di fede, soprannumerario dell’Opus Dei, capace di dirigere il servizio pubblico televisivo con pazienza e spirito di tolleranza dimostrando che si può fare buona televisione, lavorare per il pubblico, senza ipoteche ideologiche, ma più semplicemente assolvendo al proprio compito di manager con senso di responsabilità verso i cittadini.
Abbiamo vissuto l’epoca del monopolio della RAI e quella della concorrenza della tv commerciale, abbiamo visto nascere il satellite e il digitale, siamo in pieno oligopolio televisivo made in USA, tuttavia una cosa è certa, oggi più di ieri ci sarebbe bisogno di quella televisione “pedagogica” perché rispettosa del diritto dei cittadini ad una produzione conforme ai valori della nostra cultura e di una civile convivenza, così come ha indicato più volte Ettore Bernabei.
Con Fanfani La Pira e Dossetti è stato un sostenitore convinto della proposta sociale cristiana e ha operato in modo costante e continuo per affermare l’ideale e i valori dei cattolici in politica denunciando al tempo stesso l’incapacità della Democrazia Cristiana di proporre un vero modello di società. Bernabei era convinto che la scelta di presidiare il centro politico con una posizione “interclassista” intermedia tra liberismo capitalista e sinistra di ispirazione marxista avrebbe portato la DC ad una crisi che, con la “morte” del comunismo, ha creato le condizioni per un paradosso imprevedibile: la nascita di un nuovo soggetto politico fatto di democristiani e comunisti, un cocktail riuscito male che va sotto il nome di Partito Democratico. Quando la cosiddetta seconda repubblica ha mosso i primi passi Ettore Bernabei ha smesso di scrivere il suo diario. “Quello che sono riuscito a fare nella mia carriera – dirà ad una assemblea di giovani nel 2016 – è per la maggior parte opera della Divina Provvidenza, il resto una mia collaborazione, non sempre adeguata”.