giovedì 21 Novembre 2024
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Il ricordo mancato di Claudio Villa

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Claudio Villa è morto 35 anni fa e il Festival di Sanremo continua a ignorare uno dei suoi artisti fondatori. Forse a Claudio fanno pagare le sue polemiche e la sua combattività, ma forse anche le vicende private postume di figli riconosciuti per forza di legge, anni dopo la sua morte? Chissà ma credo che oramai siamo in grado di separare i fatti privati dal valore artistico, che nel caso di Villa è innegabile, perché lui è stato uno dei suoi protagonisti più antichi, uno che sul Festival ha lasciato il segno indelebile di ben 4 vittorie.

Villa ha attraversato la scena italiana per oltre trenta anni, occupando sempre un posto di grande rilievo e difendendo la sue posizioni di supremazia con le unghie e con i denti, in una lotta strenua spesso per il diritto all’esistenza. In questi 35 anni il panorama della canzone italiana ha subito mutamenti profondi e repentini ma Claudio è rimasto lì a rappresentare, in posizione preminente, e spesso solitaria, il genere melodico, il cosiddetto bel canto all’italiana.

Diceva Domenico Modugno, che fu probabilmente il suo più grande rivale (avendo dalla sua una grande verve ideativa che Claudio non aveva), “Claudio gli altri esponenti del genere melodico li ha fatti sparire tutti dalla scena, perché aveva maggiori mezzi vocali e perché era dotato di una personalità straordinaria”.

Io non amavo il genere (come non lo amavano gli altri autori del programma Claudio Villa, il romanzo di una voce, come Laura Falavolti e Leoncarlo Settimelli, come non lo amava Gianni Borgna, che è stato il più importante storico della canzone italiana, e curatore della sua autobiografia), ma avevo una grande ammirazione per Claudio, anche se non sapevo da che cosa gli venisse questa straordinaria forza, questa tenacia. Avevo intuito che gli derivava da un’origine famigliare misera, da un’infanzia povera, dal lavoro precoce, da un grande desiderio di riscatto, da sofferenze che avevano lasciato il segno.

Non avevo messo nel conto la malattia che, oltre a metterne in pericolo la vita stessa, rischiò di compromettergli la possibilità di cantare. Claudio cantò per sette/otto anni con un polmone solo, raggiungendo il pieno successo. Quando guarì, difese il successo, conquistato a prezzo della vita, con le unghie e con i denti.

Poi quando lessi Gramsci e mi imbattei nell’aggettivo “nazional-popolare” che in passato è stato usato da qualcuno come un insulto, mi venne istintivo pensare a Claudio Villa. Infatti, quale artista più di Claudio si è identificato sinceramente con i sentimenti del popolo? Quale artista è riuscito a mettere insieme legioni di fans che a distanza di tanti anni dalla sua morte resistono ancora con le loro associazioni e i loro club.

Di Claudio ricorderemo le sue battaglie al Festival di Sanremo dove trionfava e poi veniva sonoramente battuto per poi risorgere e trionfare di nuovo. Per decenni il suo nome fu sempre associato a quello di Sanremo e lo fu fino alla fine quando “costrinse” Pippo Baudo a interrompere la kermesse canora per dare agli italiani, agli spettatori del Festival, l’annuncio della sua morte. Oggi mi verrebbe da dire che la fortuna mondiale che hanno avuto Bocelli e i ragazzi del Volo che trionfano con quello che chiamiamo “il bel canto all’italiana”, Villa l’avrebbe meritata prima di tutti.






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