di Maria Pia Ciccariello
Chiudo il portone, abbasso la testa e la ritrovo li
davanti a me, col viso triste e preoccupato, mi parla:
“bella a nonna, che ti vuoi mangia oggi, siediti un po’ non uscire”
Sospira e con occhi assenti dice: ”quanti guai che ci stanno, ma ai tempi nostri era meglio, tutte ste disgrazie non c’erano, ora pare che tutto è distrutto come ai tempi ra guerra”
Ormai le scene in cui la vedo pensare sono tante;
la mattina a colazione mentre sorseggia una tazza di latte freddo, ascolta la televisione appoggiata sul frigorifero, lei, con occhi sbarrati si sforza per ascoltare qualche parola chiave (morte, ospedale, virus,) e nel mentre, mastica piano per non confondere i rumori.
Lentamente con gambe affaticate, muove un braccio per cercare di arrivare al lavello e posare la tazza, pensa a cosa deve cucinare oggi, mille pensieri, e comincia a preoccuparsi: ”non possiamo sprecare che cibo non ce n’è ,sta finendo tutto
bisogna risparmiare, non sappiamo che succede, come va a finire”
io l’accarezzo.
Passa la giornata, fuori c’è il tramonto, lei parla al telefono con le figlie, preoccupata del loro lavoro;
nascono speranze e tanti vorrei..
Desidererebbe che tutti stessero seduti accanto al fuoco in modo che possa stare sicura, immagina di vedere tutti di fianco a lei, si sente meglio, non pensa più a questo nuovo secolo che sta vivendo.
Non si capacita, ha paura.
È sera, a tavola bisogna stare attenti,
qualche parola troppo grave non deve scappare,
occorre non sfasare i suoi pensieri con altri ancora peggiori e preoccupanti.
Bambini,
gli anziani diventano di nuovo bambini,
in questi momenti così delicati
in cui non percepiscono chiaramente il passaggio da un’epoca ad un’altra
restano perplessi.
Il destino ha deciso che sono a rischio
e noi da protagonisti di questo tempo abbiamo l’obbligo di proteggerli.
Dalla rubrica “Diario di una quarantena”