Rino Formica è uno straordinario protagonista della storia recente ed attuale del nostro paese, un dirigente politico di lungo corso, che si racconta in una lunga intervista che Moondo pubblicherà in 3 puntate. Insieme al Direttore Giampaolo Sodano ed al Prof. Mario Pacelli, Formica ripercorre alcuni momenti importanti della storia recente del nostro paese e fa un’analisi dei problemi attuali della politica italiana.
1 – La politica estera
SODANO: Hai avuto sempre una particolare attenzione alle dinamiche delle relazioni internazionali. Quale è stata la tua analisi e quale la politica estera del partita socialista?
FORMICA: Fu la politica delle alleanze perché stavamo all’interno del sistema atlantico, e quindi di contrapposizione dei due blocchi. L’obiettivo era penetrare nelle aree dell’est, nel blocco ideologico comunista, per tutelare la chiesa del silenzio e dall’altra parte espandersi nel terzo mondo che si trovava in una condizione assolutamente minoritaria e trascurabile: si trattava di tutto il mondo asiatico, del mondo africano. La politica dell’Italia era una politica complessa che non si poteva fare senza il consenso dell’intero arco costituzionale: perciò bisognava garantire il partito comunista, che doveva garantire la democrazia cristiana e viceversa, mentre il partito socialista doveva cucire insieme le garanzie tra democrazia cristiana e partito comunista. Questo legame di politiche così radicalmente diverse sul piano dei legami internazionali dei grandi partiti era dato dal fatto che tutte e tre le forze fondamentali del sistema politico italiano – la democrazia cristiana, il partito comunista, il partito socialista – erano legate nella Costituzione da un vincolo patriottico: il vero compromesso fu non tanto un compromesso di natura sociale ed economica che è nella carta costituzionale, quando un compromesso politico, patriottico tra le grandi forze nel senso che nessuna di esse avrebbe tradito la difesa del proprio paese in caso di attacco esterno. Il blocco atlantico non avrebbe dovuto attaccare l’est, l’est non avrebbe dovuto attaccare l’ovest. Qualora questo fosse accaduto c’era l’impegno a svolgere un’attività di tutela patriottica da parte di tutte le forze politiche: mai mettere gli italiani contro gli altri italiani. Nella metà degli anni 80 comincia a percepirsi che l’ordine mondiale, l’equilibrio dei due blocchi ideologici, la tutela del terzo blocco di intervento congiunto tra il blocco ideologico dell’est e il blocco ideologico dell’ovest per stabilizzare le situazioni, cominciava a scricchiolare.
Sia nel blocco dell’est che nel blocco dell’ovest, cioè sia in Russia che in America, si pensava che la situazione sarebbe cambiata: i russi pensavano che le contraddizioni capitalistiche del mondo occidentale avrebbero fatto cadere il pilastro dell’America; l’America riteneva che a cadere sarebbe stato il pilastro dell’Unione Sovietica, previsione che si è poi realizzata. L’implosione interna avvenne perché il regime sovietico non era in condizioni di portare contemporaneamente avanti lo sviluppo militare e quello sociale. A questo poi si sono aggiunti altri elementi: non irrilevante è la comparsa di internet, con la caduta dei muri della comunicazione.
SODANO: Internet è di grande importanza rispetto ai tanti cambiamenti politici, però arriva molto dopo. L’analisi che tu hai fatto risponde ad una domanda: l’equilibrio internazionale scricchiola e di questo scricchiolio se ne avverte l’eco in quel paese di frontiera che è l’Italia. Tuttavia secondo te questo da solo spiega la morte di fatto della prima repubblica, che vuol dire la crisi della democrazia liberale dei primi 50 anni?
FORMICA:
Sì, perché la democrazia parlamentare che è il nostro principio costituzionale fondamentale, era stata autolimitata: la norma era una democrazia parlamentare autolimitata. La fine della condizione di paese di frontiera e di quel contesto internazionale che imponeva reciproci limiti alle forze politiche italiane avrebbe fatto cadere questa condizione di democrazia parlamentare autolimitata, quella che nel dibattito politico di allora era la democrazia incompiuta. La democrazia parlamentare incompiuta era stata accettata dai partiti, con la convention ad excludendum: una forza rilevante del Parlamento che negli anni ‘70 aveva raggiunto più di un terzo del corpo elettorale accettò di non essere forza di governo. L’accettazione da parte del partito comunista non fu limitata solo alla partecipazione diretta al governo e non fu vincolante per la gestione del potere locale e per l’esercizio del potere legislativo in Parlamento. C’è un’illuminante intervista di Ingrao del ‘76 su uno dei primi numeri di “Repubblica”, dove Ingrao, divenuto Presidente della Camera dei Deputati, fa un’apologia, non solo del Parlamento, ma del Parlamento come Governo, una visione nella quale il governo era una istituzione, formalmente corretta, ma assolutamente insufficiente dal punto di vista della elaborazione legislativa e di garanzia dell’alleanza atlantica quanto alla permanenza del paese nell’alleanza stessa.
PACELLI: Se si volesse sintetizzare il tuo discorso si potrebbe dire che gli equilibri internazionali e la necessità di garantire tutti fu la ragione fondante dei Governi che si successero nel tempo fino alla Presidenza Ingrao: la convention ad excludendum servì per rassicurare gli alleati ma in realtà non c’era mai stata.
FORMICA: Non è che non ci sia mai stata: non è mai avvenuta nella sua forma più pienamente realizzabile. Nella carta costituzionale ci sono due principi fondamentali: è sancita la natura antifascista della Repubblica, che impedisce che il fascismo, le organizzazioni fasciste, il partito fascista, possano tornare, ma al tempo stesso si stabilisce che le idee fasciste debbano essere rispettate, tanto è vero che in una norma transitoria della carta costituzionale fu stabilito che la limitazione del diritto di elettorato attivo e passivo di coloro che avevano avuto parte nel fascismo valeva solo per cinque anni.
In tal modo non è stato impedito di avere idee di carattere fascista o sovversive, anarchiche, rivoluzionarie. La libertà nella Costituzione è totale: è l’organizzazione di chi ha queste idee che è messa in discussione. La Costituzione stabilisce che il nostro valore fondativo è la Repubblica. E’ una forma di Stato che non è modificabile, però le idee monarchiche hanno diritto di cittadinanza. Non puoi però pretendere che si torni alla monarchia. Nella Costituzione ci sono due principi: la base valoriale antifascista e la irrevocabilità del dogma Repubblica: la forma di stato non è revocabile.