Ero come molti di voi davanti al televisore per seguire i commenti che arrivavano da tutto il mondo a proposito della Brexit. E la mia mente è andata ai tanti miei amici Britannici: benvenuti nel mondo del “non lo avevo mai detto” e sopratutto benvenuti nell’etica della irresponsabilità.
State attenti ai pronomi come li intende Farage: “è stato uno dei miei messaggi (my adverts)… penso che abbiano fatto un errore (they made a mistake). Noi Italiani ci abbiamo fatto il callo per decenni a questa asimmetria linguistica, a questo equilibrismo etico, a questa strategia politica alle vongole: il successo è mio, gli errori degli altri anche se dipendono da me, tanto che pensavamo di averne l’esclusiva e la leadership. Invece no.
Proprio mentre facevo queste considerazioni ho ricevuto un messaggio da un professore Inglese che stimo molto, nel messaggio più o meno scriveva “sono roso dalla rabbia, è stata la generazione degli anziani che ha deciso il futuro dei giovani”. Sono andato a controllare e mi permetto di dissentire. E’ vero che la maggioranza dei giovani votanti hanno detto: “remain”, ma la grande maggioranza dei giovani Britannici a votare non ci è andata e la democrazia funziona anche così, se non voti, qualcun altro deciderà il tuo futuro. Piuttosto occorre interrogarsi sul perchè, in una occasione in cui non si decideva il governo che se non funziona si cambia alle prossime elezioni, ma si decide la collocazione geopolitica della propria storia e della propria identità, quegli stessi giovani che oggi si lamentano sono rimasti a casa, hanno fuggito la partecipazione, la democrazia.
Certo che qualcuno ha rubato il loro futuro, ma allontanandoli dalla partecipazione democratica alla vita del loro paese, dalla cultura. Non sto affrontando questo argomento per il gusto di una polemica, ma per lanciare un allarme e, forse, proporre una soluzione visto che ci riguarda tutti.
Irresponsabilità a parte, verniciare di paura e di speranze un argomento delicatissimo di politica estera, di geopolitica pieno di conseguenze invisibili se non per tempi lunghissimi ed in grado di rivoltarsi contro la stessa povera gente che in buona fede ha creduto alle menzogne è pura irresponsabilità, la nostra Costituzione per fortuna lo vieta. La menzogna è uno stato di alterazione della coscienza che è autoalimentato da pregiudizi, preconcetti e fondamentalismo[1], l’antidoto a tutto questo è la cultura scientifica, l’abitudine a cercare le informazioni dalle fonti ed a controllare i procedimenti, l’abitudine alle deduzioni come processi razionali e conseguenti, l’abitudine a considerare le esperienze come il frutto della fatica e dello studio e non semplicemente come una reazione istintiva (bestiale) ad un impulso di sopravvivenza.
La cultura scientifica contiene tutto questo e contiene la forza di una metodo che ha consentito agli uomini di immaginare le soluzioni con secoli di anticipo sulla possibilità di analizzare i dati solo perchè la coerenza di quelle deduzioni controllate per via indipendente dalle fonti stesse davano risultati utili al progresso dell’uomo. Ma al di la della scienza, proprio in quella Inghilterra che oggi sconta le conseguenze di un preconcetto è nato e vissuto un uomo patrimonio dell’umanità intera che ha fatto dell’inganno consapevole e volontario la sua bandiera. William Shakespeare era solito anticipare l’inizio della rappresentazione con avvisi tipo: “quello che vedrete è tutto finto, quando dico cavallo e indico un punto vi prego immaginatene tanti perchè su queste povere tavole di legno io devo mettere in scena due monarchie in lotta tra loro…”[2].
Ecco l’antidoto vero, abbandonarsi alla immaginazione in un luogo in cui il segno è la magia della rappresentazione e rende la nostra mente in grado di esercitare la volontà di credere. Credere che gli asini possano volare o che un burattino di legno possa parlare con il nonno e con un grillo, credere che un lupo possa mangiare la nonna o che un piccolo elefantino con le orecchie deformi abbia in realtà le ali non è credere alle bugie, è dar forza alle favole che temprano la nostra visione del mondo reale.
Si perché se un politico mente o ci dice la verità non lo sapremo mai, un attore recita e lo sappiamo dall’inizio, anzi ci andiamo proprio per questo. Ma se recita e ce lo dice da prima, un attore non mente, non potrà mai mentire.
[1] Vorrei chiarire che, per me, fondamentalista è chiunque consideri in errore chi non abbia la sua stessa opinione.
[2] vedi ad esempio il prologo dell’Enrico V