domenica 22 Dicembre 2024
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La dittatura delle minoranze

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Dopo appena 13 anni, cioé dalla sua nascita ufficiale, l’U.E. si trova ad affrontare gli stessi problemi degli Usa: cioé la dittatura delle minoranze. Per non svantaggiare i piccoli stati, nel 1789 la Costituzione americana assegnó due senatori per stato, indifferentemente se uno stato attualmente abbia 40 milioni di residenti (come la California), o 762.000 (come il Nord Dakota).

Oggi, 15 stati americani con una popolazione complessiva di 33 milioni di abitanti, cioé il 10% della totale popolazione Usa, puó contare su 30 senatori (cioé il 30% del Senato) ultra conservatori e 66 grandi elettori su di un totale di 538, cioé il 12.3%, tenendo conto che per eleggere il presidente ne bastano 270. In effetti il 10% della popolazione puó controllare un’intera nazione di 332 milioni di abitanti.

In Europa, uno stato come l’Austria (con 9 milioni di abitanti), o l’Ungheria (con 9,6 milioni e quest’ultima nemmeno nell’eurozona) riesce a dominare tutti i 27 stati dell’U.E., che contano in totale 447 milioni di abitanti. 

A queste condizioni sembrerebbe logico che il concetto di democrazia (dal greco “potere del popolo”), inteso come il volere della maggioranza, viene a mancare.

La dittatura della minoranza é un concetto rinato negli Usa nel 2016 dopo l’elezione del presidente Donald Trump, che ha vinto con 3 milioni di voti in meno della candidata Hillary Clinton, ed ultimamente in Europa con il “recovery fund”, che fará fronte alla devastazione economica causata dalla pandemia.

In passato, la narrativa si concentrava soprattutto sulla “dittatura della maggioranza”, tema trattato spesso dal politologo Giovanni Sartori negli anni ’80 e ’90.

Quando si discute di “democrazia” entrano in ballo cosí tanti elementi discordanti tra loro da far perdere il filo del discorso. Infatti Sartori la definiva “l’epoca della democrazia confusa”.

Definizioni come “democrazie illiberali” e “poliarchia” (il potere dei molti) hanno avuto una convergenza con il termine “populismo”, da intendersi come “chi possiede un voto in piú ha il diritto di prendere le decisioni per tutti”. Per alcuni proponenti, democrazia significa “rispetto delle pari dignitá”, rifacendosi alla democrazia in senso sociale e alle tutela delle minoranze.

Ultimamente, invece, le cose si sono ribaltate e a dominare negli Usa e nell’U.E. non sono più le “dittature della maggioranza”, bensì quelle delle minoranze. In questo caso non é chiaro se al presidente Trump, ad esempio, si possa affibbiare l’appellativo di “populista”, anzi, dovrebbe essere l’opposto, cioè “elitista” ed equiparare il “potere della minoranza” a quello, ad esempio, monarchico assoluto. Non sufficientemente analizzati sono gli effetti causati dalla minoranza che abusa del suo sproporzionato potere, e quindi del privilegio conferito da una “democrazia sociale”.

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