Leggi l’articolo nelle versione originale in inglese: Your life for a steak
I recenti avvenimenti in Europa ci hanno permesso di sperimentare la cruda realtà delle catastrofi climatiche naturali che si sono verificate in tutto il mondo negli ultimi anni.
Il Pianeta Terra con i suoi 3,8 miliardi di anni di esistenza è un ecosistema “intelligente” che ha sempre trovato un modo per continuare a sopravvivere. Siamo consapevoli della fragilità e del prematuro temperamento dei fenomeni naturali derivanti dal cambiamento climatico, che non sono influenzati ne colpiscono in base a cultura, geografia, evoluzione tecnologica o addirittura tenore di vita. Le grandi inondazioni di Germania, Francia, Belgio e Lussemburgo hanno colpito il centro dell’Europa in modo chirurgico, lasciando migliaia di persone senza tetto ed infliggendo danni umani e materiali senza precedenti sul territorio, sorprendendo coloro che vivevano lì e ritenevano impossibile una cosa del genere.
Aldo Di Russo presume che non stiamo vivendo una crisi, ma una transizione. In effetti, l’allineamento della transizione digitale, il cambiamento climatico, il sovraffollamento delle città e la deforestazione sono ovviamente interconnessi. Stiamo affrontando una lotta per misurare la forza tra la natura e l’uomo. Questo accelera drammaticamente la perdita di biodiversità, provocando il riscaldamento globale attraverso la deforestazione con un focus su una tecnologia sempre più elaborata in grado di gestire il consumo e di sostituire la natura o il “divino” per l’azione dell’uomo. Sappiamo già dalle esperienze in Arabia Saudita che la pioggia può essere causata in tempi di estrema siccità, attraverso scariche elettriche nell’atmosfera al costo di milioni di dollari per l’esecutore.
L’uomo è sempre stato capace di creare. Tornando ai periodi di ricerca dell’era post-medievale e all’inizio della rivoluzione industriale, l’uomo ha sempre osservato e imitato la natura, cercando soluzioni per avvicinarsi alle caratteristiche uniche e super-intelligenti che ogni essere vivente usa per sopravvivere. La cosa ironica di questa transizione è che stiamo estinguendo specie di esseri viventi che possono avere la chiave per la nostra sopravvivenza come specie umana.
Sostituirsi all’ecosistema globale è stato un percorso che ha occupato gli ultimi secoli di ricerca tecnologica e scientifica in grado di prolungare il periodo medio di vita e migliorare il comfort di una piccola percentuale della popolazione umana. Elencare il privilegio di una piccola porzione di umanità che ha accesso al comfort durante la sua vita può sembrare un commento inappropriato, tuttavia la domanda dovrebbe forse essere: “Quanto tempo ci vorrà per riuscire a coesistere in equilibrio con il nostro ecosistema?”
La nostra ipocrisia nella lotta per l’equilibrio climatico, il cui limite dell’inversione del carbonio del 2030 stimata dall’accordo di Parigi è stato essenzialmente elaborato secondo una logica dall’alto verso il basso, è stato un processo fatto all’ultimo minuto. Quando il 70% della produzione alimentare è per l’alimentazione degli animali da allevamento, ci troviamo di fronte a un dilemma gastronomico, ecologico ed economico, in cui mettiamo a rischio la nostra sopravvivenza come pianeta, in cambio di una dieta basata sul consumo di carne o la parabola della “Vita per una bistecca!!!”.
Le minacce derivanti dagli attuali comportamenti sono molteplici. Ne indico qui 8:
- Minaccia 1: Considerare la sostenibilità come una narrazione, che non è altro che una manovra di marketing per aumentare le vendite di alcuni prodotti.
- Minaccia 2: Le misure di transizione energetica e la loro velocità di attuazione non sono sufficienti per invertire la calamità del cambiamento climatico.
- Minaccia 3: La perdita di biodiversità è così accelerata e il cambiamento nelle abitudini di consumo è così grande che corriamo il rischio di eliminare la chiave per la sopravvivenza del pianeta.
- Minaccia 4: non si stanno adottando le misure necessarie per modificare le abitudini di consumo alimentare al fine di proteggere l’ecosistema terrestre.
- Minaccia 5: L’inefficienza e la lentezza delle iniziative governative non sono consequenziali, a cominciare dalle grandi organizzazioni mondiali e finire con i cittadini che non richiedono misure efficaci ed efficienti. La responsabilità è di tutti.
- Minaccia 6: Ogni 7 anni in Portogallo si verifica un ciclo di incendi boschivi la cui prevenzione non è mai prevista e le politiche di gestione del territorio sono lungi dall’essere adeguate alle minacce.
- Minaccia 7: L’aumento squilibrato tra le grandi città e l’interno rurale crea problemi di gestione territoriale che compromettono la qualità della vita delle generazioni future.
- Minaccia 8: L’erosione del suolo dovuta a monocolture agricole super intensive non consente l’equilibrio della biodiversità negli ecosistemi.
Per poterci posizionare in una prospettiva costruttiva e collaborativa rispetto al Green Deal, la riflessione è già obbligatoria nei programmi politici delle elezioni comunali che si svolgeranno il 26 settembre. Questa necessità di pensare Glocal è fondamentale per includere le politiche per la protezione dell’ambiente, la pianificazione territoriale e la sostenibilità della presenza umana di fronte al pianeta che tutti abitiamo. La transizione è urgente, non partitica e non esclude nessuno!!!