Improvvisamente un giorno balzano alla ribalta della cronaca personaggi che fino a quel momento erano assolutamente sconosciuti. Basta una “indiscrezione” o come si dice oggi un gossip oppure un’intercettazione telefonica che si scatena la caccia alla vita privata, vizi e virtù finiscono in prima pagina e al tecnologico bar dello sport, chiamato social, si scatena l’orgia dei giudizi di tutti gli uni che valgono uno. Così oggi uno diventa capitano e l’altro finisce sulla croce.
L’altro, l’Armando, l’ho conosciuto: arrivò direttamente da Genova a viale Mazzini. Era il 1991, con i suoi 18 anni e l’aria furbesca e piaciona, sotto lo sguardo protettivo del compagno Ugo, s’intrufolò in un gruppo di giovani talenti che producevano Rock cafè, un programma innovativo di cultura giovanile che il pomeriggio andava in onda su RAI2 con notevole successo. Non successe per caso: il comun denominatore delle radici genovesi con Olcese, Miscioscia, Coruzzi, Benedetta Mazzini facilitò la sua formazione rock e un apprendistato che presto mise a frutto passando alla concorrenza.
L’ho perso di vista ma seppi dai suoi amici che si era sposato con una brava ragazza, aveva messo su famiglia ma senza rinunciare ai piaceri delle sue trasgressioni, così come aveva messo su una società di produzione televisiva, ma coltivando la sua nuova passione per la finanza creativa. L’impronta rock non l’aveva perduta. Poi è arrivato il Capitano e con lui il governo del cambiamento. La flat tax l’ho inventata io, più cambiamento di così si muore, pensò l’Armando, devono farmi ministro dell’economia. Ma c’era stato quel brutto incidente della bancarotta che a Giggino creava imbarazzo e allora meglio virare per i trasporti. Il resto è cronaca di questi giorni.
PS – E qualcuno in giro per l’Italia può ancora credere che a questa storia di una presunta tangente (o mancia) di qualche euro è legata la vita del governo? Ma fatemi il piacere… che lo spettacolo continui. “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi” scrisse Tomasi di Lampedusa.