Sole pieno, tornanti che si inerpicano su verso Sant’Anna di Stazzema, più si sale e più il mare si allontana, ma è davvero spettacolare la vista dal bosco. Si vede la costa da Marina di Pisa alle Cinque Terre, un panorama mozzafiato, lo stesso che vedevano coloro che si erano rifugiati e che vivevano nel piccolo paese che sovrasta il bosco. Settantasei anni fa, 560 persone furono trucidate senza pietà, erano donne, anziani e bambini, 120 bambini e tra di loro Anna Pardini.
Chi era Anna Pardini? “La più piccola dei tanti bambini che il 12 agosto la guerra ha qui strappato al girotondo del mondo”. Così recita la targa a lei dedicata, Anna era nata come me il 23 luglio, aveva solo 20 giorni. I dettagli efferati di come accadde sono stati narrati nei libri di storia, nei saggi e nei molti testi che hanno cercato di ricostruire la vicenda, ma salendo il ripido sentiero che porta al monumento in memoria, penso a quell’anima innocente che ha pagato un prezzo che nulla potrà giustificare e che mai dovrà essere dimenticato, neanche la guerra può motivare tali crudeltà.
Mentre saliamo in corteo sempre con la mascherina, immagino la fuga delle persone che pensarono che in un paese così isolato avrebbero trovato la salvezza in attesa della fine della guerra, immagino la carovana umana che scappava con poche cose, con i figli in braccio portando con sé solo la speranza di sopravvivere all’orrore e alla morte, in un luogo accogliente con una popolazione che pagò caro l’essere innocenti ed ospitali. Furono accerchiati su tutti i lati, le poche vie di fuga furono sbarrate e così morirono intrappolati e barbaramente uccisi dalle SS.
Mentre il sole è appannato dall’ombra degli alberi, non riesco a trattenere la commozione, mi sembra di sentire le voci allegre dei bambini e poi le urla, il panico, il terrore, le braccia delle madri che cercano di strappare alla morte i propri figli, gli sguardi persi di chi non sa a cosa andrà in contro. E allora alle lacrime sulla mascherina, si sostituisce la voglia di sfogare la propria rabbia per un eccidio efferato, pianificato. Sul piazzale prima dell’ultima salita una fila di gonfaloni dei comuni presenti fa da cornice all’ingresso del corteo e delle autorità, c’e anche Marzabotto, c’è Cassino ci sono davvero tanti luoghi teatri di tristi episodi di una guerra che non può e non deve essere dimenticata.
Si sale ancora, il sole picchia siamo a più di 600 metri sul livello del mare, si depongono le corone al Monumento Ossario e così cominciano i discorsi delle istituzioni. Il sindaco Maurizio Verona che rappresenta in un bel discorso il dolore del suo paese, il saluto toccante di Enrico Pieri, Presidente dell’Associazione Martiri di Sant’Anna di Stazzema, non è più un ragazzo ma ha l’energia di chi ha imparato dal dolore a credere nella vita e con la voce a tratti rotta dall’emozione da appuntamento a tutti i presenti al prossimo anno. Molti i messaggi giunti da Roma, dai Presidenti di Camera e Senato e dal Presidente della Repubblica che ha in passato visitato e reso omaggio ad un luogo della memoria.
“Il 12 agosto di 76 anni fa – ricorda Mattarella – le frazioni di Stazzema divennero teatro dell’oltraggio più disumano: l’eccidio di centinaia e centinaia di civili inermi, soprattutto donne, bambini, anziani, rifugiati. Fu una delle stragi più efferate compiute nel nostro Paese durante l’occupazione nazista per i numeri spaventosi del massacro, per la crudeltà con cui gli uomini delle SS si accanirono sui corpi privi di vita, per lo scempio del rogo nella piazza di Sant’Anna“.
“Non va mai dimenticato che la volontà di potenza può spingersi fino a produrre un’ideologia di annientamento di chi è diverso, estraneo, visto come potenzialmente nemico. Non va dimenticato che quanti sottovalutano la violenza, alla fine se ne rendono complici. Non vanno ignorati rigurgiti di intolleranza, di odio razziale, di fanatismo che pure si manifestano nelle nostre società e nel mondo, a volte attraverso strumenti moderni e modalità inedite. La memoria degli eventi più tragici – così conclude il Presidente -e dolorosi della nostra storia costituisce un richiamo incessante per le coscienze“.
Quest’anno l’orazione ufficiale è del Ministro per le Politiche Europee, Vincenzo Amendola, un discorso che riporto quasi integralmente, perché credo che soprattutto i giovani non possano ignorare ciò che accadde e ciò che l’Italia è oggi, grazie a chi ha combattuto per la democrazia e per la libertà. Amendola è reduce da una battaglia non facile e per niente scontata, che ha visto impegnato il nostro Governo nelle scorse settimane a Bruxelles. C’ è molta strada da fare, ma l’Europa e la sua unità non sono stati sacrificati sull’altare degli interessi di alcuni paesi. Non è facile, neanche per un politico, parlare dove tante persone hanno perso la vita, per un momento anche la voce di Amendola cambia registro, forse la commozione di chi ha studiato la storia ma non la ha vissuta e per un momento la frase si spezza nel parlare di un dolore che qui su questo piazzale è vivo come allora, lo dice al microfono ed è vero bisogna venire quassù per provare l’emozione di un luogo che a distanza di anni conserva e custodisce la memoria.
Ringraziamenti a tutti i presenti e poi il Ministro Amendola sotto il cielo azzurro di Sant’Anna di Stazzema inizia a parlare :”Per tanto tempo, il ricordo di ciò che accadde è rimasto custodito nella “intimità comunitaria”, relegato – ha scritto l’antropologa Caterina Di Pasquale – alla «cerchia privata del lutto». Una dimensione del dolore che emerge nitidamente dalle parole di uno scrittore come Antonio Tabucchi, cresciuto a pochi chilometri dai luoghi dell’eccidio: ancora bambino, Tabucchi sentiva gli adulti discutere di «quello che è successo a Sant’Anna di Stazzema», senza aggiungere altro. Quella brutalità – osservava lo scrittore – «andava oltre: oltre la decenza, oltre quello che siamo, o che crediamo di essere». Chi aveva vissuto non poteva dimenticare, ma raccontava a bassa voce. Poi però qualcosa si è mosso: la denuncia nel 1994 del cosiddetto «armadio della vergogna»,i 695 fascicoli contenenti i dettagli sulle stragi nazifasciste perpetrate tra il 1943 e il 1945, i nomi delle vittime e dei colpevoli impressi su carta, i luoghi dei massacri. Siamo stati troppo lenti a recuperare il valore della memoria, probabilmente avremmo dovuto fare di più, sicuramente avremmo dovuto farlo prima, ricordare e prendere l’impegno solenne di fare in modo che non accada più. Se la memoria è giunta intatta fino a noi, gran parte del merito è della comunità di Stazzema, così come è stato fondamentale il lavoro svolto dalla commissione storica italo-tedesca insediata nel marzo 2009 dai ministri degli Affari esteri dei due Paesi. Non potremmo però celebrare il ricordo con spirito di amicizia e vera riconciliazione senza lo straordinario contributo di uomini di Stato tanto lungimiranti quanto visionari, che tra le macerie di un continente distrutto da due conflitti nell’arco di trent’anni, decisero di dedicarsi a un’opera di paziente ricostruzione, ragionando su un progetto unitario che avrebbe dovuto impedire una nuova barbarie. E poiché chi ha toccato con mano la brutalità della guerra è davvero in grado di apprezzare il dono di una pace che spesso diamo per scontata, non sorprende che a Stazzema siano compresi meglio che altrove tanto l’importanza dell’Unione Europea quanto l’urgenza di salvaguardarla dai pericoli che la minacciano: perché il grande progetto di unificazione europea come promessa di pace è nato a Sant’Anna di Stazzema e nei tanti altri – troppi – luoghi del dolore sparsi per il nostro continente.
Stiamo vivendo tempi difficili, con i venti dei nazionalismi che soffiano impetuosi sulla nostra democrazia europea. È con questa consapevolezza che abbiamo affrontato negli scorsi mesi il negoziato con i nostri partner e le istituzioni comunitarie, lavorando perché la risposta europea alla grande sfida sanitaria, economica e sociale che la pandemia Covid-19 ci sta ponendo davanti fosse ambiziosa e all’altezza delle aspettative. Ora siamo chiamati a costruire l’Europa del futuro: lo faremo promuovendo un modello di sviluppo aperto e inclusivo e difendendo la nostra casa comune dagli attacchi di chi vuole indebolirla. Lo faremo consapevoli della nostra storia, della nostra memoria e della nostra identità collettiva, ricordando le parole pronunciate a febbraio dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, durante le celebrazioni per il 50° anniversario del conferimento della medaglia d’oro al valor militare al comune di Stazzema: «La prospettiva che è emersa dalla reazione alla ferocia di quell’estate del ’44 e dalla Liberazione è proprio quella dell’unità europea, l’Europa unione di minoranze, casa comune di libertà, uguaglianza e solidarietà, motore di democrazia e di cooperazione. Ripeterlo qui a Sant’Anna di Stazzema non è una liturgia ma un’affermazione impegnativa». —
Sotto il sole, ritrovo vigore cantando l’Inno d’Italia, certo
con la mascherina non è la stessa cosa, le note sono più basse ed è una prova di ossigeno non da poco. Finiti i discorsi un lungo applauso saluta tutti gli intervenuti, ai piedi del monumento riecheggia “ Bella Ciao”. Ritorniamo tutti alle nostre vite, riscendendo il sentiero fatto da pietre ,terra e ciottoli, ritorniamo tutti al presente, ma quelle pietre, quella terra, quei ciottoli , gli alberi dei boschi custodiscono la memoria di tanti innocenti uccisi per rappresaglia, intrappolati e poi arsi nella piazza.
Nessuno è solo a Sant’Anna di Stazzema, tanti giovani, c’è un gemellaggio con la Germania, ed è stato creato il “Parco della Pace”, ci sorridiamo tutti, ci accomuna la voglia di rendere il giusto tributo e ricordare per non dimenticare. Con un antico amico qualche giorno prima avevamo ricordato un film, che narrava in maniera romanzata l’eccidio. “Miracolo a Sant’Anna (Miracle at St. Anna)” del 2008, il grande regista afroamericano Spike Lee,ispirandosi all’omonimo romanzo di James McBride, narrò le vicende di una pattuglia di soldati afroamericani della 92ª Divisione “Buffalo”, dispersi nelle colline lucchesi nell’autunno del 1944. L’opera cinematografica poneva l’accento principalmente sul razzismo diffuso tra le truppe statunitensi, ma raccontava anche l’incontro fra culture diverse e il rapporto “speciale” tra un bambino sopravvissuto all’eccidio di Sant’Anna di Stazzema e un soldato afroamericano dalla ridotte capacità intellettive, unico capace però di penetrare nell’animo sconvolto del bambino superstite.
Quel bambino è la memoria, quel bambino potrebbe essere un sopravvissuto di molte altre guerre dichiarate e non che infiammano il nostro martoriato mondo, è il superstite dell’odio e del dolore. E allora mentre il bosco di Sant’ Anna di Stazzema si allontana, il campanile svanisce alla vista, il mare si avvicina penso alle parole di J. P. Sartre “Ogni parola ha conseguenze, ogni silenzio anche” il silenzio su queste storie non deve mai cadere, il silenzio non può avvolgere la storia e le parole vanno sempre pesate, oggi le parole hanno ridato vita a tutte le vittime.