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sabato 20 Aprile 2024
Il piacere dei sensiL’enigma di Galilei

L’enigma di Galilei

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Mentre l’enigmistica di oggi, pur disponendo di notevoli mezzi di diffusione, non ha una precisa caratterizzazione in termini di attività letteraria, nei tempi andati conobbe momenti di autentico splendore; il lettore comune di oggi avverte la questione essenzialmente sotto l’aspetto ludico, ne coglie soltanto lo stimolo transitorio, ottimo se mai per un intelligente sorriso, ma niente di più.

Nel Seicento fiorentino, invece, l’enigmistica toccò vertici di interesse e di importanza diversa: un’opera di Antonio Malatesti, La Sfinge, ebbe numerose ristampe, l’enigma divenne un genere letterario tra i più rinomati e gli appassionati vollero nobilitarlo con dottissime ricerche. Proprio per l’opera di Malatesti, Carlo Alberto Dati scrisse una famosa Lettera sugli enimmi, mentre negli stessi anni Michelangelo Buonarroti il Giovine – detto “l’Impastato” – lesse alla Crusca alcune «bellissime frottole enimmatiche con un breve discorso della natura e dell’uso di tal componimento».

L’enigmistica affascinò pure Galileo Galilei ed è notissimo il suo sonetto proprio sull’enigma scritto sotto l’entusiasmo derivatogli dalla lettura dei versi del Malatesti.

Mostro son io più strano e più difforme
che l’Arpia, la Sirena e la Chimera;
né in terra, in aria, in acqua è alcuna fiera
ch’abbia di membra così varie forme.

Parte a parte non ho che sia conforme:
più che l’una sia bianca e l’altra nera;
spesso di cacciator dietro ho una schiera,
che dei mie pie’ van rintracciando l’orme.

Nelle tenebre oscure è il mio soggiorno
ché, se da l’ombre al chiaro lume passo,
tosto l’alma da me sen fugge, come

sen fugge il sonno all’apparir del giorno,
e le mie membra disunite lasso,
e l’esser perdo con la vita e ‘l nome.

A Galilei piacque pure il gioco dell’anagramma: egli fece pervenire agli scienziati di
Praga una successione insignificante di lettere

smaismrmilmepoetaleumibunenugttaviras

che però, se ricomposta, avrebbe rivelato un’importante scoperta.
La giusta soluzione, infatti, non era quella avanzata da Keplero

salve umbstineum geminatum Martia Proles

bensì quest’altra, che si riferiva alla scoperta degli anelli di Saturno:

altissimum planetam tergeminum observavi.

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