Di Nicola Cammarano
Le persone affrontano il dolore in maniere diverse. C’è chi si chiude in se stesso, chi si affida al potere dei social per cercare supporto; chi invece tiene duro e affronta tutto senza paura, invitando alla resistenza. Tuttavia, quando viene a mancare tutto questo, quando non ce la si può fare da soli, interviene l’elemento fondante, il nucleo principale della società umana: la famiglia.
Ci pare ormai chiaro che questo è per noi uomini un periodo duro: vengono a mancare le cose che più davamo per scontate come il contatto con gli altri. A chi di noi non mancano gli incontri anche casuali che facevamo con le persone per strada, conosciute o sconosciute che fossero …
La reclusione ci affligge, ci crea una sensazione di disagio che ci snerva, crea dentro di noi il desiderio sempre più forte di avere interazioni sociali. D’altronde si sa, l’uomo è l’animale sociale per eccellenza, l’unico capace di relazionarsi in modi diversi con ogni altro uomo. È in questo periodo che la famiglia è fondamentale.
Orazio, il famoso poeta latino, era “esperto” nell’evitare il dolore e la sofferenza. Tra i tanti, quelli più importanti sono 2: il carpe diem, ovvero vivere la vita al massimo ed ottimizzare il proprio tempo; l’altro, di stampo epicureo è il rifugio nelle cose semplici, nel focolare domestico e negli affetti delle persone più care e fidate. È un metodo, quest‘ultimo, che mai come ora può essere applicato con successo: d’altronde non siamo forse tutti a casa con i nostri familiari?
Questo è il momento giusto per riscoprire il valore della famiglia che è stato a lungo trascurato. Trascurato per colpa dei ritmi della nostra società capitalistica. Il tempo che in passato si riservava alla propria famiglia, è stato sempre più impegnato per fare altre attività che sono considerate più importanti secondo i criteri utilitaristi. Ora invece possiamo, grazie alla quarantena , riscoprire l’importanza degli affetti familiari e delle cose semplici.
C’è però chi non può godere di questa fortuna chiamata famiglia: sono le migliaia di ragazzi che per lo studio o per il lavoro sono lontani da casa. Per non rimanere isolati, molti di questi ragazzi sono “fuggiti” dalle zone rosse per riunirsi con i propri cari, infrangendo le regole imposte dallo Stato e dando vita ad un “fenomeno migratorio”, dal nord verso il sud, di persone che scappavano dal virus.
Questi ragazzi sono vittime di accuse esasperate; dalle nostre parti vengono etichettati come ignoranti, irresponsabili che vengono qui ad infettarci; vengono offesi, a volte in modo brutale, perché colpevoli di avere infranto la legge che spesso, chi punta il dito, non si fa scrupoli a violare. È vero che questi ragazzi devono fare un periodo di quarantena volontaria per non veicolare il virus, ma bisogna anche provare ad immedesimarsi e pensare: è così sbagliato voler tornare dai propri cari? È così sbagliato cercare il supporto della famiglia? Per me non è sbagliato, così come non è sbagliato fuggire dal proprio paese per la guerra, o lasciare la propria terra in cerca di fortuna.
Dalla rubrica Diario di una quarantena: