venerdì 22 Novembre 2024
Sette per cinqueMeno male che Draghi c'è

Meno male che Draghi c’è

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Malgrado trent’anni di sgangherata seconda Repubblica e malgrado tutti i giuramenti sulla tomba delle ideologie molta parte della nostra classe dirigente non riesce a ragionare aldilà dei propri pregiudizi.  “Penso che sia accaduto qualcosa di inaudito” esordisce Gabriele Piazzoni, segretario nazionale dell’Arcigay, intervistato per SprayNews da Antonello Sette nel solito giro di incontri settimanali sui temi di attualità. Quale sarebbe la cosa inaudita? Una lettera del Vaticano allo Stato Italiano in cui si avvertiva il rischio di una violazione del concordato tra i due Stati. Ovviamente se c’è un trattato tra due Stati e uno dei due avverte il rischio che una nuova iniziativa legislativa possa creare una contradizione con i contenuti del trattato ha tutto il diritto di farlo presente. Ovviamente è un diritto dello Stato Vaticano farlo ed altrettanto ovvio che lo Stato Italiano risponda che nella sua autonomia legifera ciò che giudica necessario normare, compito che non può in nessun caso essere sottratto al Parlamento. Se invece diventa un caso di guelfi e ghibellini si butta in caciara e ovviamente non si cava un ragno dal buco. “Se si rischia una crisi istituzionale fra Stati sovrani, è scontato che il Parlamento, come organo legislativo, si debba fermare e che la competenza passi al Governo” insiste Piazzoni.Meno male che Draghi c’è e quindi tutto si svolge come Costituzione vuole.

“La magistratura dell’ultimo ventennio ha, al contrario, fatto del protagonismo la sua principale deviazione. Ha offerto uno spettacolo indecente”,dice Giorgio Mulé, giornalista, deputato di Forza Italia e sottosegretario alla Difesa.“I magistrati in Italia hanno a volte disapplicato la legge, nascondendo, ad esempio, le prove in favore dell’imputato, la cui acquisizione è, invece, un obbligo imposto dall’articolo 358 del codice di procedura penale. Non a caso, ma per loro diretta responsabilità, i magistrati si trovano oggi nel buco nero della mancanza di credibilità”. E il buco nero è talmente grande che persino il Ministro della giustizia Maria Cartabia è intervenuto “La magistratura”, ha detto, “sta attraversando una crisi di credibilità e, soprattutto ai miei occhi più grave, di crisi della fiducia dei cittadini”. In definitiva tutte le forze politiche hanno espresso lo stesso giudizio salvo il Pd, ha osservato Antonello, che è rimasto ancora una volta in silenzio: “come Totò che continuava a prendere schiaffi perché voleva vedere come sarebbe andata a finire… Al Pd la giustizia va bene così come è?”

“Io spero di no, risponde Mulè, anche perché nelle file del Partito Democratico ci sono stati esponenti che hanno scontato e stanno scontando l’annullamento della loro vita sociale e politica per il marcio che c’è nella magistratura. E, laddove non bastassero i malcapitati in casa propria, il Pd sa bene che gli errori del passato, ovvero l’aver assecondato una magistratura, che non applicava la legge, ma la interpretava per andare contro una parte politica avversa, hanno contribuito a rendere la magistratura non attendibile. Spero vivamente che da parte loro, come da parte dei Cinquestelle, ci sia finalmente la consapevolezza che questo è un Paese in cui da tempo i diritti sono andati a farsi benedire e che per questo necessita di un pronto soccorso immediato per rimettere in piedi la credibilità di tutta la magistratura. E, di conseguenza, di tutta la nostra democrazia”.

Come la giri e come la volti questa nostra democrazia è in pericolo un giorno si e uno no. Ma da un po’ di tempo l’attentato viene proprio dalla magistratura: “La sentenza del Tar del Lazio apre una crepa sulla tutela delle fonti, che è uno dei pilastri della libertà di stampa e dell’informazione”, afferma Vittorio di Trapani, giornalista, segretario dell’Usigrai. “Sicuramente c’è un clima di grande insofferenza nei confronti dei giornalisti in generale e di quelli investigativi in particolare. La tutela della fonte è stata inserita dal legislatore a garanzia dell’articolo 21 della Costituzione, a garanzia del diritto del cittadino a essere informato”.

“C’è poi l’uso e l’abuso delle querele contro i giornalisti, osserva Antonello, anche questo è un cappio sulla testa di chi prova a fare informazione. Perché non si riesce a ottenere una legge che stabilisca, oltre che le regole, anche le giuste garanzie?”

“Esiste un altro modo per intimidire i giornalisti ed è quello delle liti temerarie – risponde di Trapani – E’ il motivo per il quale abbiamo chiesto a questo Governo, così come ai precedenti, di approvare con urgenza delle norme che vadano nella direzione della tutela dell’articolo 21 della Costituzione. In Parlamento sono già agli atti i disegni di legge contro le liti temerarie. Sono, per essere chiari, provvedimenti che non prevedono costi per lo Stato. Non c’è un problema di tenuta dei conti. Si tratta solo di manifestare la volontà politica di approvarli. E’ possibile farlo in tempi molto rapidi, anche perché questo Governo gode di una maggioranza parlamentare molto ampia. Ci aspettiamo che si voglia dare un segnale, tanto più in un momento come questo, e che la norma contro le liti temerarie venga approvata al più presto.”

A quanti scoprono di recente che si è determinato nel nostro ordinamento uno squilibrio dei poteri tra potere legislativo e potere giudiziario è giusto ricordare che ciò è accaduto esattamente 28 anni fa, quando molti di quelli che denunciano oggi l’invasione di campo erano tra i tifosi che buttavano monetine e agitavano cappi e manette. Per tutti un consiglio non piangere sul latte versato.  

E come tutte le settimane Antonello non ci fa mancare l’intervista fuori dalle righe. Questa volta tocca a Gianmario Cazzaniga, imprenditore milanese, su un problema che riguarda tutti da vicino, sia oggi che domani: stiamo parlando della condizione di insicurezza dei vecchi, in particolare quei vecchi che non sono autosufficienti e che hanno famiglie non in grado di occuparsi di loro. Dice Cazzaniga: “La società italiana sconta l’invecchiamento e la diminuzione delle nascite. La cura degli anziani un tempo era demandata alle famiglie. Oggi lo è inevitabilmente sempre di meno. Chi è ricco si arrangia da solo, ma la stragrande maggioranza della popolazione, che ricca non è, è costretta a sobbarcarsi un compito senza averne i mezzi e le forze necessarie”.

Un problema che nasce dall’assoluta inadeguatezza di tutte le Regioni italiane nell’offerta del budget necessario per soddisfare una domanda che, giorno dopo giorno, s’impenna. “E, badi bene, osserva Cazzaniga, non è un discorso egoistico, visto dall’alto dell’immobiliarista o del gestore della struttura. E’ esattamente il contrario. Qui c’è un problema sociale vero, importante e molto spesso drammatico. C’è la necessità di dare conforto e assistenza agli anziani non autosufficienti. E quella di sostenere famiglie che per ragioni non solo economiche, ma anche funzionali, non sono in grado di aiutare i propri anziani. E’ assurdo vedere distrarre risorse finanziarie per bonus di varia natura, alcuni dei quali, mi lasci dire, veramente pittoreschi, mentre ci si dimentica di sostenere la parte più debole della nostra società: gli anziani, specie quelli non autosufficienti, e le famiglie che li devono supportare. Il Recovery Plan può invertire la rotta e cominciare a risolvere un problema, che dovrebbe rappresentare in un Paese civile e, soprattutto sensibile, una priorità assoluta. Chiedo che almeno un miliardo di euro sia devoluto alle Regioni per fronteggiare un’emergenza primaria, quale è quella degli anziani non autosufficienti.”






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