Due notizie positive caratterizzano, sotto l’aspetto sociale e quello economico, la giornata di giovedì 12 settembre.
La prima riguarda l’andamento dell’occupazione in Italia ed è fornita dall’Istat che registra un calo della disoccupazione al di sotto del 10%, portandosi al 9,9 come non avveniva dalla fine del 2011.
Ci sono 130 mila occupati in più, anche se la maggior parte sono lavoratori indipendenti. Inoltre, il tasso di occupazione (cioè il totale riguardante il complesso della popolazione in età di lavoro) cresce dello 0,3 per cento e arriva a superare il 59%, per l’esattezza il 59,1.
Si diceva all’inizio che i dati appena considerati vanno nel segno positivo, tuttavia esiste ancora uno spazio enorme sul quale lavorare con le politiche dell’impiego, prima che si raggiunga un livello ragguardevole quale può considerarsi , un numero di occupati prossimo ad almeno il 70 per cento.
Dal punto di vista dell’occupazione non ci sono, per ora, indicazioni operative da parte del governo appena entrato in carica, se non l’annuncio di un piano per il Mezzogiorno per il quale è forte l’attesa in particolare riguardo ai giovani e, di rimando, per il contrasto “all’emigrazione dei cervelli”.
Sul piano sociale, è forte l’attesa per la misura preannunciata dal governo del cosiddetto “taglio del cuneo fiscale” che al momento appare limitato a vantaggio del solo lavoratore (con il taglio delle imposte che pesano sulla busta paga).
Mentre non si accenna ad una contropartita fiscale a vantaggio delle aziende, ma par di capire che la logica della manovra ideata sia quella di produrre un aumento dei consumi delle famiglie e, attraverso questo meccanismo, favorire la ripresa della produzione.
La seconda notizia riguarda le decisioni assunte dalla Banca centrale europea, la BCE, nella penultima riunione del board presieduto da Mario Draghi. Qui, se le decisioni che seguiranno sul piano nazionale italiano andranno nel senso dovuto, davvero si può dire che Babbo Natale e la Befana sono arrivati in anticipo e a braccetto.
Per prima cosa, Draghi lascia un’eredità che va oltre un ideale teorico di politica economica. Egli, infatti, e con lui il resto del board della Bce, hanno definito un percorso di lungo tempo, un lascito che i consiglieri subentranti e il nuovo presidente, la francese Cristine Lagarde, saranno impegnati a seguire per anni. Evitando qualsiasi ombra, la sig.a Lagarde ha subito sostenuto e fatta propria la scelta. Quanto detto per spiegare la sostanza politica della manovra, il cui significato va al di là degli stessi numeri.
Ed ecco i numeri. 20 miliardi di euro al mese per l’acquisto i titoli di stato dei paesi della zona euro, a partire dal prossimo 1° novembre e per tutto il tempo necessario a rafforzare l’impatto accomodante sui tassi di interesse. Dunque, senza limite di tempo. Quanto ai tassi di interesse, la Bce ha ridotto di altri 10 punti base il tasso sui depositi effettuati dalle banche ordinarie presso la stessa bce, portandolo a – 0,50%. Cioè un tasso negativo, il che significa che le banche se sceglieranno di tenere fondi in deposito dovranno pagare un prezzo, lo 0,50%.
Tale misura, in apparenza negativa, è controbilanciata dal costo pari a zero per i prestiti che la Bce concede alle banche ordinarie (cosiddetto tasso di riferimento 0%), accompagnato da un tasso marginale dello 0,25%.
L’insieme della manovra ha questo effetto: scoraggia le banche ordinarie a tenere fermi i capitali (parcheggiandoli pagano lo 0,5%), mentre le invoglia ad investire nei confronti del mercato – industrie, infrastrutture, consumi – insomma fatelo anche se non avete disponibilità, la Bce è pronta a fornirvi i mezzi gratuitamente, a costo zero.
Senza dubbio, un manovra tanto originale quanto coraggiosa, che però non è neutrale poiché punta a stanare le banche ed a spingerle verso il ritorno all’esercizio del credito vero e proprio. Se si vuole una velata critica al coacervo di attività gestite oggi dalle banche ordinarie – sempre più gestioni patrimoniali, assicurazioni, settore immobiliare – ma sempre meno credito ordinario. Argomento questo che merita ben altre riflessioni.
Si diceva prima, manovra coraggiosa. Va aggiunto, manovra lungimirante rispetto al rallentamento in atto della congiuntura internazionale, che nasce dalla disputa sui dazi tra Stati Uniti e Cina, dalle incertezze legate alla Brexit, dalla flessione della produzione industriale tedesca. Lungimirante, perché predispone gli strumenti adatti ad affrontare le nuove difficoltà da parte delle singole economie della eurozona.
Nella situazione contingente italiana non poteva esserci viatico migliore per impostare la nuova legge finanziaria, sempre che si voglia capire la direzione da scegliere e si abbia la capacità e la costanza per intraprenderla.
Coniugando stabilità politica e disponibilità finanziare è perseguibile una drastica riduzione dello spread, riuscendo a dimezzarlo (ci sono oggi le condizioni) significherebbe risparmiare una barca di miliardi che vengono assorbiti dal pagamento degli interessi sul debito. Decine e decine di miliardi.