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martedì 23 Aprile 2024
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Nuovi mutanti crescono

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Notoriamente ci attendono, a inizio Ottobre, importanti scadenze elettorali.

Nella impossibilità di elezioni nazionali, queste locali assumono una importanza particolare anche sul piano simbolico. In esse compare, con vasta ed improvvisa diffusione, una nuova specie: si tratta del cosiddetto “candidato civico”. Esso si caratterizza in negativo per non essere il candidato politico o, meglio, di partito. Viene, anzi, vissuto e presentato positivamente come espressione della società civile, esente quindi dai difetti e condizionamenti delle camarille politiche.

Ancora: si tende a presupporre che avendo esso candidato ottenuto buoni risultati nella struttura socio – economica sia in grado di ripetersi, una volta entrato da vincitore, anche nella struttura politico – amministrativa. Insomma: esso appare come darwinianamente formato in un contesto più impegnativo e selezionante tale da fare emergere caratteristiche nuove, migliori e più funzionali.

Ma cosa è, dunque, la società civile che rappresenterebbe il bagno di coltura del mutante? E che tipo di mutazione indurrebbe in chi si presenta all’esame del voto popolare?

Il concetto di “società civile” (che non ha nulla a che fare con la civiltà) nasce in distinzione da quello di società politico – istituzionale. È una forma di percezione del nostro mondo che si differenzia e convive con l’altro. Tutti noi viviamo “anche” nella società civile: essa rappresenta quella parte di società in cui vivono e si esprimono i bisogni particolari degli individui come delle strutture economiche e sociali organizzate.

La battaglia dei no-tav in contrapposizione ai fautori dell’alta velocità è una tipica espressione della società civile. La lotta degli operai di una azienda contro il diretto interesse economico della azienda stessa si situa nell’ambito della società civile.

Molti anni fa una importantissima fabbrica italiana situata a Bocca Di Magra chiese di dragare il fiume per permettere alle grandi navi da carico di risalirlo. I lavoratori di questa fabbrica sostennero la richiesta, alla luce della necessità di stare sul mercato internazionale. Gli ecologisti si opposero, anche loro con buone ragioni, allo scempio naturalistico e operai ed ambientalisti vennero presto alle mani. Ognuno esprimeva un bisogno logico e corretto. L’incapacità della politica di scegliere portò alla chiusura della fabbrica e alla successiva devastazione dell’ambiente.

Insomma: la dialettica interna alla società civile non si basa sulla rappresentazione di interessi generali ma sulla dinamica tra interessi derivanti da diversi punti di vista che rimangono tali anche in presenza di valide obiezioni.

In codesta dinamica ognuno è chiamato a tentar di far prevalere il proprio legittimo punto di vista e di interesse, senza porsi (almeno in partenza) l’idea di un obiettivo generale e comune.

Ciò nel piccolo come nel grande, nel drammatico come nell’apparentemente insignificante.

I negozianti del centro – città esprimeranno comunque il rifiuto al divieto di circolazione delle auto, così come gli operai dell’ILVA protesteranno contro i giudici che chiudono un altoforno inquinante.

Il successo nella società civile non comporta affatto l’acquisizione di una mentalità collettiva, capace di farsi carico di tutti gli aspetti del problema e di scegliere (o di mediare) sulla base dell’interesse generale. Anzi, porta tendenzialmente a ritenere di avere ragione in quanto “sostenuto dai fatti”. Soltanto che i fatti di cui ci si deve occupare nella sfera sociale sono i propri o quelli che in essa si è scelto di rappresentare, mentre in quella politica sono quelli di tutti.

Il mutante “candidato civico” presenta una ulteriore caratteristica non positiva. Giustamente non ha mai dovuto presentare al mondo un suo programma generale. Se era un imprenditore viene valutato per il suo successo negli affari. Se era un comunicatore si valuta per la sua popolarità. Se era, poniamo, un medico per la sua carriera. Tutti obiettivi parziali che, pur raggiunti, non indicano una capacità su obiettivi collettivi.

Il “candidato civico” si presenta in termini di interesse generale nel momento in cui accetta la candidatura. Cosa ha di meglio, o di più, del “candidato politico” che dovrebbe provenire da anni ed anni di elaborazione ed esposizione di finalità generali da sottoporre alla valutazione collettiva?

Il “candidato civico” cancella, con il suo trionfale ingresso, congressi, programmi, istituti di ricerca e così via: tutti gli strumenti con cui la vera politica tenta di stabilire rapporti e accordi con i cittadini nel nome di interessi generali.

Dunque ci arrenderemo al vittorioso mutante?

Io penso, al contrario, che esso sia l’ultima vittima del cinismo politico. Un “candidato civico” sconosciuto non assume impegni per gli altri che lo hanno prescelto: viene esposto al giudizio pubblico e, se vince, avrà vinto la sua parte politica. Se perde, avrà perso lui e il partito avrà solo fatto un errore di persona.

Nel 1976 il PCI elesse un grandissimo intellettuale, Giulio Carlo Argan, Sindaco di Roma. Dopo due anni Argan, splendido esponente della società civile, si dimise e al suo posto arrivò un oscuro funzionario politico.

Luigi Petroselli, soprannominato Joe Banana, fu un magnifico sindaco. Venne rieletto e morì un mese dopo il 7 Ottobre 1981. L’oscuro politico aveva donato la sua vita al governo della sua città.






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