Sono giorni caldi, è estate, l’Italia è occupata in faccende e polemiche, per fortuna la scomparsa di persone famose e rappresentative della nostra Italia hanno avuto le prime pagine, facendoci dimenticare per qualche ora i porti e i navigator. La luna ci ha fatto sognare come nel 1969, ed ognuno ha ricordato quel momento speciale. Ma pochi hanno ricordato una strage terribile che avvenne il 22 luglio del 2011. Come sempre non posso non menzionare il mio ricordo, un pianto a dirotto guardando la tv. Il maledetto 2011 non dava tregua e le immagini che giungevano da un paese, da tutti considerato, un luogo felice e pacifico, come la Norvegia ci hanno stravolto.
Furono due gli attacchi terroristici un seminario politico estivo sull’isola di Utøya e la popolazione civile a Oslo, il bilancio totale delle vittime 77. ll primo attacco un’esplosione di un’autobomba nel centro di Oslo, precisamente nel quartiere dei palazzi governativi, nel primo pomeriggio. L’automobile era stata parcheggiata di fronte al palazzo del primo ministro norvegese norvegese Jens Stoltenberg, 8 vittime e 209 feriti, di cui dodici gravi.
Il secondo attacco avvenne meno di due ore dopo sull’isola di Utøya, dove era in corso un campus organizzato dalla sezione giovanile del Partito Laburista Norvegese. Un uomo vestito con una strana uniforme simile a quella della polizia e provvisto di documenti falsi giunse sull’isola e aprì il fuoco sui partecipanti al campus, uccidendone 69 e ferendone 110, di cui 55 in maniera grave. Fu l’atto più violento mai avvenuto in Norvegia dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Il responsabile degli attentati, Breivjk, trentaduenne norvegese simpatizzante dell’estrema destra, fu arrestato in flagranza sull’isola. Rinviato a giudizio, fu processato nel 2012 a Oslo, in tribunale affermò di avere compiuto gli atti per mandare un “messaggio forte al popolo, per fermare i danni del partito laburista “e per fermare una decostruzione della cultura norvegese per via dell’immigrazione in massa dei musulmani”.
Riconosciuto unico responsabile e sostanzialmente sano di mente, il 24 agosto seguente Breivik fu condannato a ventuno anni di carcere (pena massima dell’ordinamento norvegese), prorogabili di altri cinque per un numero indefinito di volte qualora, a pena scontata, fosse ancora ritenuto socialmente pericoloso.
Questa la cronaca, ma come non ricordare quei ragazzi tra cui molti tra i 14 e i 20 che con impegno, entusiasmo erano sull’isola per un seminario estivo, per ritrovarsi e parlare di futuro, di politica. Giovani pacifici e innocenti, con l’unica colpa di essere socialisti, laburisti, una generazione che aveva voglia di contribuire con le proprie idee, contraddizioni e visioni ad una Norvegia parte integrante di un’Europa riformista. Un uomo solo, fanatico, lucido e folle al tempo stesso, li ha uccisi come birilli, cogliendo tutti di sorpresa. Ricordo il pianto controllato e struggente dei parenti e dei sopravvissuti, alcuni si finsero morti, per sopravvivere, i loro occhi erano la fotografia del terrore e dell’orrore. Ricordiamolo sempre che un uomo solo può ucciderne tanti, può cambiare la vita di molti, quei ragazzi e ragazze volevano contribuire al futuro insieme, credevano nell’unione e nel dialogo. Esattamente otto anni fa, la mano armata di Breivjk uccise il sogno e la vita di tanti ragazzi.
“I vostri sogni sono stati interrotti bruscamente. Ma i vostri sogni possono essere esauditi. Voi potete fare la differenza”, fu ciò che disse il premier norvegese Stoltenberg. Oggi sui social i Giovani Laburisti Norvegesi ricordano i loro compagni con questa frase: “Per voi non un minuto di silenzio, ma una vita di battaglie”.