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venerdì 26 Aprile 2024
Editoriali di Giampaolo SodanoDi Maio e il generale Concentrone

Di Maio e il generale Concentrone

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Perchè in politica le parole a volte sono più pericolose delle azioni

MARIO PACELLI

Luigi Di Maio, vice presidente del consiglio, ministro del lavoro
e dello sviluppo economico, capo politico del movimento cinque stelle (per ora
nient’altro) ha finalmente scoperto una banda di nemici dell’Italia, composta da
tecnici che approfittano della loro posizione privilegiata, operando prevalentemente
di notte, per sabotare le iniziative adottate dal governo per il bene del nostro paese.

È quanto accaduto a proposito del “decreto dignità”: qualche tecnico sconosciuto
approfittando delle ore notturne, ha introdotto nella relazione che accompagna il
decreto la notizia che esso provocherà 8000 disoccupati in più ogni anno per un
numero imprecisato di anni. Chi sia stato il perfido colpevole è ancora da stabilirsi con esattezza.

Dovrebbe comunque trattarsi di persona che si aggira nel palazzo del ministero
dell’economia, ed in particolare nei locali della ragioneria generale dello Stato, o in
quello dell’Inps, il cui presidente è stato direttamente chiamato in causa.

Il ministro dell’economia ha definito “opinabili” le sue affermazioni a proposito
dell’incremento della disoccupazione per effetto del decreto, ciò significa che
comunque non sono campate in aria. Chiunque sia stato il responsabile o i
responsabili, certo è che il fatto è molto grave: come si fa a governare quando
all’interno della strutture del potere pubblico operano “bande di tecnici nemici” che
osano dire come stanno le cose anche se il ministro la pensa diversamente? Cacciarli
ora, come ha preannunciato l’onorevole ministro, probabilmente non basta:
continuerebbero ad operare in clandestinità con tutte le loro astuzie malvagie e la loro
cultura tecnica e scientifica frutto di cattivi studi e di fuorvianti letture di libri che
dovrebbero essere bruciati.

Sarebbe forse opportuno seguire l’esempio dei grandi uomini della Storia come Stalin in Russia o Pol Pot nel Cambogia che crearono appositi campi per rieducare le pecorelle smarrite. Un apposito organo diretto da un generale Concentrone (una figura simile a quella presente nel film “Vogliamo vivere”) potrebbe provvedere in questo senso. L’ultimo pericolo è che il generale ecceda troppo in campi di rieducazione, fino a
ricoprirne l’intero territorio nazionale: ne deriverebbero guai seri, come l’Italia ha già
ampiamente sperimentato nel secolo scorso… ma c’è che da sperare che con l’autunno
accadere non siano solo le foglie…

parole in politica
Le parole in politica contano, a volte più delle azioni. Photo credit: Termometro politico

GIAMPAOLO SODANO

Le clausole del contratto sottoscritto da una classe politica che vuole governare (per contratto si intende programma) si dovrebbero tradurre in atti per non rimanere parole. Ma chi ritiene che soltanto le decisioni sono importanti e che le parole se le porta via il vento, si sbaglia di grosso perché nell’azione politica dei pentastellati (come del ministro degli interni) le parole sono più importanti degli atti perché incidono sui comportamenti dei cittadini.

Prendiamo per esempio la questione dei vitalizi e delle pensioni d’oro oppure quella drammatica dei migranti: il taglio delle pensioni è di qualche milione di euro e i morti affogati (che non arrivano quindi nei centri di accoglienza italiani) fanno risparmiare pochi
spiccioli alle casse della Repubblica. Eppure tutti i sondaggi ci dicono che è crescente
nell’opinione pubblica il consenso a questa propaganda, anzi la maggioranza è convinta che non si tratti di propaganda ma di una vera azione di governo capace di
cambiare le cose. E così mentre si scatena la caccia alla casta (1300 ex deputati in
tutto) e ai “ricchi” delle pensioni d’oro (forse qualche centinaio) rimangono sereni e
tranquilli ferrovieri, piloti, magistrati, generali e ambasciatori primi attori della
Repubblica delle corporazioni.

Ma questo sarebbe il male minore. La vera questione è il pericolo che stiamo
correndo da quando alla presidenza degli Stati Uniti si è seduto Donad Trump mentre
nell’Unione Europea prendono forza i rigurgiti nazionalisti.

E non poteva mancare il teatrino di casa nostra: dal 4 marzo è sospesa sulla nostra testa la spada di Damocle dell’uscita dall’euro. Un ministro della Repubblica ha evocato lo spettro
dell’abbandono della moneta unica. Ma non saremo noi ad andarcene, ci ha
rassicurato il ministro, ma c’è la possibilità che siano gli altri a cacciarci. Ha forse
compiuto qualche atto in questa direzione il ministro Savona oppure a Bruxelles vi è
stato qualcuno che ci ha indicato la porta: niente di tutto questo, soltanto parole, al
massimo una profezia.

Quale effetto pensa, caro Pacelli, possano aver avuto queste affermazioni sul mercato? Vuoi vedere che hanno provocato la crescita dello spread oltre i 200 punti. Oppure è un complotto dei burocrati dell’Unione Europea. La verità è che in politica le parole a volte sono più pericolose delle azioni.






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