venerdì 15 Novembre 2024

#Perec40

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Uno dei tanti singolari testi di Georges Perec è Tentative d’épuisement d’un lieu parisien (UGE, 1975; Christian Bourgois, 1982; tr. Eileen Romano, Tentativo di esaurire un luogo parigino, Baskerville, Bologna, 1989; tr. Alberto Lecaldano, Tentativo di esaurimento di un luogo parigino, Voland, Roma, 2011). Si tratta di una descrizione di quanto andava accadendo nella piazza Saint-Sulpice: il banale, il quotidiano, l’ovvio, il comune, l’ordinario. Della piazza Perec non descrive l’esterno o l’interno della cattedrale con i suoi affreschi di Delacroix, ma semplicemente quanto la piazza offre quotidianamente alla vista.

Perec aveva effettuato il «tentativo» sedendo a un tavolo del Café de la Mairie nei giorni 18, 19 e 20 ottobre 1974; in questi giorni, invece, è stato l’intero pianeta oggetto, per un’ora, di una descrizione approfondita e molteplice.

Infatti tra le varie manifestazioni previste per l’anniversario della morte di Perec (40 anni dal 3 marzo 1982), qualcuno in Francia ha pensato a un’effimera performance collettiva prendendo spunto da quel suo lavoro; perciò, per il giovedì 3 marzo, dalle 12:30 alle 13:30, ora di Parigi, gli estimatori di Perec sono stati invitati, da qualsiasi parte del mondo si trovassero, a partecipare al “Tempted to Exhaust a Global Place”; ciascuno pubblicasse sé stesso in un luogo a propria scelta descrivendo ciò che vedeva e percepiva, il banale, il quotidiano, postandolo, quindi, su Twitter. Ogni tweet andava accompagnato da un hashtag con l’indicazione del nome della città in cui ci si trovava (#Paris, #New York, #Napoli, #Roma, #London, #Graz, #Barcelona, #Buenos Aires …) e l’hashtag dell’evento (#Perec40); altra alternativa è stata quella di utilizzare il tutto su Facebook e su Instagram.

Il Café de la Mairie con la targa vera in alto e quella… falsa all’interno della veranda
Il Café de la Mairie con la targa vera in alto e quella… falsa all’interno della veranda

È per quel motivo che il titolare di quel Caffè nel quale Perec sedeva per scrivere quanto accadeva in quella piazza, ebbe a pensare, anni addietro, di apporre all’interno della veranda, sotto la vera targa, un’altra fittizia, un esplicito riferimento a La Disparition, romanzo di Perec privo del tutto della lettera e.

Una vita brevissima, quella di Georges Perec, con un’infanzia funestata dalla perdita dei genitori, vittime della follia della guerra. Una esistenza molto breve che pure gli è bastata per scrivere tanto e di tutto, raggiungendo, in Francia una popolarità notevole, tale da renderlo un autore di culto e da fargli meritare la costituzione dell’«Association Georges Perec», una lapide sulla facciata del palazzo dove Perec visse i suoi ultimi 8 anni in rue Linné 13, nel V Arrondissement, l’intestazione di una strada nel XX e anche l’emissione di un francobollo per i 20 anni dalla sua morte.

Entrambi i genitori di Georges Perec rimasero vittime della guerra: suo padre come soldato e sua madre nell’Olocausto; il piccolo Georges fu allevato dagli zii. L’assenza di un segno è sempre il segno di un’assenza, e l’assenza della e ne La Disparition è la chiave per un discorso più ampio. Perec non può inserire nel romanzo le parole père [“padre”], mère [“madre”], parents [“genitori”], famille [“famiglia”], né può scrivere il proprio nome, Georges Perec, che di e ne ha ben 4.

Georges Perec aveva ben presto aderito (nel 1967) al gruppo dell’Oulipo (l’Ouvroir de Littérature Potentielle), quando già era noto al pubblico francese per il suo romanzo Les Choses (1965, Prix Renaudot). L’opera più conosciuta di Perec, però, è senz’altro La Disparition (1969), romanzo scritto senza mai usare la vocale e, una mancanza della quale, all’uscita del libro, alcuni recensori neppure si avvidero. Un’opera decisamente oulipiana, compiuta, cioè, seguendo una regola ben precisa che la informa interamente, una contrainte come quelle che sono sempre alla base della poietica del gruppo.

Una riunione dell’Oulipo
Una riunione dell’Oulipo: da sinistra, seduti, Italo Calvino, Harry Mathews, François Le Lionnais, Raymond Queneau; in piedi, al centro, Georges Perec.

A parte quella che può apparire una complessa acrobazia linguistica, quei vuoti hanno un preciso significato, quello del vuoto avvertito da Perec durante la propria infanzia e la propria giovinezza. C’è un parallelo tra le lotte di sopravvivenza del giovane orfano che cerca di dare un senso a quelle assenze e quelle di un giovane scrittore che ha scelto di fare a meno di quella lettera, che è proprio l’inizio e la fine di écriture.

Utilizzando il gioco verbale Perec racconta e rappresenta una storia che lascia riconoscere quella propria e di altri. L’invenzione di Perec rielabora completamente gli elementi derivati da quel progetto irragionevole di distruzione: la storia del genocidio viene presa al rovescio e, alla follia antisemitica, Perec risponde con l’eliminazione, incruenta, di una lettera dell’alfabeto, naturalmente la e; all’insensata e assurda violenza nazista, egli oppone stragi puramente linguistiche. La Disparition, d’altra parte, rappresenta anche la testimonianza diretta di un salvataggio, quello della lingua. La libertà del linguaggio si trova sempre contrapposta alla sua tirannide: evitare di usare una vocale costringe a utilizzare una serie di artifici retorici e formali. Il romanzo diventa così la prova eclatante e convincente che l’assunzione di regole, anche se dissennate, non è di alcuna limitazione all’attività letteraria.

Altra cosa è La Vie mode d’emploi (trad. italiana La Vita istruzioni per l’uso, di Dianella Selvatico Estense, Rizzoli, 1978), Premio “Médicis” 1978, è come una scatola contenente una moltitudine di romanzi (e Perec, infatti lo evidenzia con il sottotitolo Romans); egli immagina un palazzo parigino al quale sia stata tolta la facciata, di modo che tutti gli ambienti siano contemporaneamente visibili. La struttura è schematizzata da una sorta di scacchiera 10×10, dalle cantine alle mansarde, e Perec, ispirandosi alla progressione del cavallo nel gioco degli scacchi, tocca le varie caselle e crea tanti romanzi in uno. Le regole, però sono molte e ancora ne restano da scoprire e molte sfuggirono alla traduttrice italiana; e molte ancora stanno per venir fuori dalla nuova traduzione in córso da parte dell’oplepiano, Piero Falchetta, lo stesso cui si deve la traduzione italiana de La Disparition (Guida, 1995)che, naturalmente, già nel titolo diventa La scomparsa. 

Nelle sue Lezioni americane, in quella sulla “molteplicità”, Italo Calvino giudicò La vita istruzioni per l’uso «l’ultimo vero avvenimento della storia del romanzo», era il 1985 e Perec era morto tre anni prima, il 3 marzo 1982, quando gli mancavano soltanto 4 giorni per compiere 46 anni; venti anni dopo la morte, nel 2002, gli fu dedicata un’emissione filatelica.

Georges Perec
Georges Perec (Parigi, 7 marzo 1936 – Ivry-sur-Seine, 3 marzo 1982)

Tanti testi e di tanti generi: il romanzo, testi autobiografici, la poesia, il teatro, sociologia, parodie di saggi scientifici, senza dimenticare il cinema: con Roberto Bober, infatti, Perec realizzò un film su Ellis Island e, con Bernard Queysanne, il film Un homme qui dort (Premio Jean Vigo), curandone la sceneggiatura.

E poi ancora acrobazie linguistiche d’ogni genere: anagrammi, acrostici, palindromi, acrostici, beaux présents (composizioni dedicate a una persona utilizzando soltanto le lettere del suo nome e cognome); e persino le parole incrociate, i mots croisés, che costituirono per vari anni il lavoro alimentaire del giovane Perec. Ma, anche in quest’ultimo egli profuse la sua particolare attitudine, unendo al gioco degli incroci quello delle definizioni, tanto da suscitare l’interesse del semiologo Greimas: definizioni sempre particolari, per cui, ad esempio, la capitale française non è di cinque lettere (‘Paris’), ma di dieci: ‘guillotine’.

A proposito di palindromi, deve dirsi de Le grand palindrome 9691, un testo di oltre 5.000 caratteri che si legge nella stessa maniera anche partendo dalla fine.

Xavier Péron
Xavier Péron, Le grand palindrome 9691 di Georges Perec

La produzione “leggera” di Perec comprende anche una conversazione avvenuta durante un viaggio in auto da Parigi a Lione quando egli prese a giocare con alcuni amici oulipiani sul nome di Montserrat Caballé, con l’invenzione di una serie lunghissima di sue varianti più o meno foneticamente coincidenti e a conclusione di brevi testi:

Montserrat Caballé
Montserrat Caballé

– Il 20 gennaio 1793, l’infelice Luigi XVI disse a Maria Antonietta: «Ho paura della ghigliottina». Lei gli rispose: mon cher, t’as qu’à pas y aller! (mio caro, non hai che da non andarci!).

– All’uscita di un consiglio dei ministri, il portavoce dell’Eliseo nota che il Presidente della Repubblica ha l’aria seccata. Gli domanda perché. «Non so cosa succede», risponde Giscard, «ma ho come la sensazione che il mio primo ministro non sia più così attento come in passato agli affari del Governo: mon Chirac a bâillé (il mio Chirac ha sbadigliato).

– L’innamorata mormora al suo focoso amante: «Ti preferisco nudo!», mon chéri, qu’habillé! (mio ciccino, che vestito!).

E ancora a proposito di cantanti liriche, Perec è autore di una esilarante parodia delle pubblicazioni scientifiche: Cantatrix sopranica L.

Nel testo, pieno di combinazioni segrete, di nonsense, di jeux de mots celati dietro l’apparenza del saggio scientifico, viene studiato l’effetto del lancio dei pomodori sulle cantanti liriche.

A parte la scrupolosa esposizione della ricerca, con la descrizione delle apparecchiature e delle cavie («107 soprano femmine in buona salute») e la visualizzazione dei risultati attraverso abachi e istogrammi (la «yelling reaction» è la reazione d’urlo provocata dal lancio degli ortaggi), è un continuo fiorire di citazioni e di rinvii che ricalcano interamente le caratteristiche formali del saggio scientifico.

Cantatrix sopranica L
Georges Perec, l’edizione originaria di Cantatrix sopranica L.,poi in Cantatrix sopranica L. et autres ecrita scientifiques (Éditions du Seuil, 1991, tr. Roberta Delbono, Cantatrix sopranica L. e altri scritti scientifici, Bollati Boringhieri, Torino, 1996

Il tutto è completato da una dotta e fasullissima bibliografia, con “autori” che rispondono al nome di Alka-Seltzer L., di Pericoloso O. & Sporgersi I. oppure di Sinon E., Evero I. & Ben Trovato A., con titoli come Singing in the Brain di S. Donen e G. Kelly o Tomatic innervation of the nucleus ruber di Maotz E. & Toung I. Si sorride a leggere i nomi di Chou O. & Lai A., maancora di più quando si scopre che O. Chou è omofono di au chou (al cavolo) e A. Lai lo è di à l’ail (l’aglio). È impossibile ben comprendere tutte le allusioni, i significati, gli accostamenti nascosti dietro la lunga sequenza di autori e titoli. La lettura scorre così divertente, quasi un gioco, con il rammarico di non poter penetrare tutto quanto nascosto in ogni riga del testo.

Non è immediato, per esempio, afferrare il senso del Laminar configuration of the thalamo-tomatic relay nuclei di Attou J. & Ratathou F.; ma la sorpresa è grande quando si scopre l’omofonia con ‘atout et rat-atout’, una formula usata in un gioco di carte francese. La lettura diventa sempre più divertente, quasi un gioco, ma resta il rammarico di non poter penetrare tutti segreti significati certamente contenuti in ogni riga del testo e ancora sconosciuti anche agli amici dell’Oulipo.

Questa diffusa parodia della pubblicazione scientifica è un’altra prova della multiforme attività di Perec, un altro tassello di quel suo ambizioso progetto di sperimentazione di tutti i generi letterari.






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