Il campione di nuoto innamorato della Pellegrini ha spiegato ad un giornalista che lo intervistava di mangiare ogni giorno più di 4000 calorie con le quali si può permettere di realizzare i primati che l’hanno portato ai vertici del nuoto agonistico. Il menu proposto ai lettori del giornale è quanto mai invogliante. Lui mangia in un giorno tre volte quello che noi comuni mortali consumeremmo in tre giorni, seguendo una lista molto appetitosa.
Verrebbe la voglia di imitarlo ma c’è il serio rischio, per me mangiatore frugale e psicogastrico, di finire la digestione nella corsia di un ospedale.
Sorvolando sull’onere finanziario che un’alimentazione di questo tipo comporta mi chiedo: perché lui sì e noi no? A me non interessa mangiare tanto ma mangiare bene, cose buone, di gusto come quelle che il giornale indica nel completo menu del nuotatore. Perché l’eccesso mi mette difficoltà?
Voglio tentare di dare una risposta. Io credo che bisogna risalire ai suoi genitori e potremo scoprire che sono persone sane di corpo e di mente. Persone che senza saperlo sono dotate di un favorevole patrimonio genetico, hanno avuto un buon rapporto con il proprio corpo e con il cibo, non hanno mai ecceduto a tavola svolgendo attività fisica giusta e mostrando così ai figli un modello di comportamento che questi hanno assimilato facilmente con naturalezza.
Abbiamo ritrovato in televisione qualche campione del passato sicuramente ha dovuto mangiare tanto come il nostro nuotatore e che è sopravvissuto quando, cessata l’attività agonistica, è tornato ad un’alimentazione più contenuta.
Bisogna ricordarsi che tutte le calorie ingerite non volatilizzano come il ghiaccio secco ma arrivano al fegato che deve elaborarle compiendo così un lavoro che richiede l’efficienza dell’organo.
Vero è che probabilmente nel soggetto sano avviene anche per il cibo quel che accade per l’alcol, che se bevuto con correttezza si comporta come un induttore enzimatico per cui il fegato aumenta la capacità di metabolizzarlo.
Per questo sarebbe più dannoso bere un grappino, molto “ino”, una volta al giorno piuttosto che uno più spesso. Quindi il nostro nuotatore è un soggetto sano che associa alla salute dei suoi organi l’attività fisica senza la quale sarebbe impensabile mangiare tanto senza diventare un obeso. Ho avuto occasione di trovarmi al ristorante Savini di Milano accanto al tavolo al quale era seduto il Maestro Muti. L’ho visto mangiare e gustare una varietà di portate che mi ha sorpreso ma che è perfettamente comprensibile se si pensa alla fatica fisica che compie un direttore d’orchestra accompagnando con il movimento del corpo la musica. E’ lecito dedurre che il nostro nuotatore e il direttore Muti, come altri primatisti, sono campioni di stomaco e di fegato e ne siamo contenti. Vorremmo che tutti i genitori sapessero educare i figli con lo stesso criterio di quei genitori anche perché non tutti siamo dotati di un patrimonio genetico ideale e quindi ognuno faccia la propria parte alimentandosi correttamente con sobrietà.
Quando ho iniziato la professione ho avuto subito una spiccata antipatia per la “caloria” perché ho avuto la sensazione che imporre l’abbinamento del cibo alle calorie fosse uno stress poco gradito. Ho preferito esprimermi in termini di porzioni abbinando la qualità del cibo alla quantità. Per questo ho fatto mio il suggerimento di colleghi più esperti di me quello di contenere la voglia di mangiare mettendo a tavola i piatti della frutta e di rifiutare quei patti piani grandi tanto grandi da essere anche un po’ ridicoli. Quando l’occhio ha fissato quel volume difficilmente si torna indietro. Resta il problema del ristorante
dove, seppure non sempre, ti presentano a tavola un piatto di spaghetti sufficiente per un atleta di lancio del peso a volte conditi con la panna e una fiorentina che pesa due chilogrammi che resta appoggiata ai bordi del piatto.
Bisogna sempre tenere gli occhi aperti. Si fa presto ad immaginare le calorie!