Nell’ottobre del 1415 Enrico V d’Inghilterra sconfigge ad Azincourt Carlo VI di Francia, segnando un passaggio decisivo nella Guerra dei Cento Anni.
Qualche mese dopo (14 sembra) Poggio Bracciolini ritrova in una abbazia tedesca l’unica copia esistente del De Rerum Natura di Lucrezio.
Da una parte, dunque, una battaglia decisiva ed iconica.
Da essa nascerà, quasi due secoli dopo, uno dei più grandi testi teatrali della storia umana. I suoi valori simbolici risuoneranno per sempre: la stolta iattanza della cavalleria francese che si pensa invincibile, la “democrazia” implacabile dei lunghi archi usati dalla fanteria gallese, la rottura definitiva delle regole medievali della guerra e del combattimento.
Il discorso del giorno di San Crispino ci accompagnerà sino ad oggi nei momenti di crisi e di paura:
“Noi pochi, noi felici pochi, noi fratelli in armi. Poiché chi oggi verserà il suo sangue con me sarà mio fratello: e per quanto sarà di umili origini, in questo giorno si farà nobile la sua condizione. E i gentiluomini che ora, in Inghilterra, si trovano a letto, si danneranno l’anima per non esserci stati, e si sentiranno menomati, quando sentiranno parlare un uomo che combatté con noi il giorno di San Crispino!”
Dall’altra un semplice manoscritto.
7.400 versi in esametri, sopravvissuti in quell’unica copia per 1.600 anni.
Da una parte, dunque, potere, armi e sangue. Dall’altra, poche pagine destinate a scomparire senza un testardo italiano.
Eppure, a ben guardare, quelle pagine hanno avuto una importanza ben maggiore nella Storia di tutto quel ben di Dio disperso nel fango di Azincourt.
Da esse è emersa la inaspettata consapevolezza che la specie umana fosse a conoscenza della natura “atomistica” dell’Universo da migliaia di anni.
Che tutta la costruzione aristotelica dei quattro elementi, ognuno tendente verso il suo proprio spazio, era stata coscientemente superata.
Che l’Umanità, insomma, aveva da infinito tempo gli strumenti per rifiutare qualunque concezione finalistica del divenire.
Quelle pagine avrebbero nutrito di speranza e di forza l’Umanesimo, il Rinascimento e ogni futuro sviluppo scientifico e cognitivo… e continueranno a farlo in futuro.
Povero Enrico, così amabile nella sua certezza di regnante.
San Crispino deve cedere il passo alle parole di Lucrezio:
“Sia dunque mio principio il dimostrarti Che nulla mai si può crear dal nulla: Quindi assai meglio intenderemo il resto, E come possa generarsi il tutto Senz’opra degli dèi”.
Ora però rimane la questione più importante.
Perché De Rerum Natura è così potente e significativo da poter incidere nella Storia della specie umana più di tanti fatti ben più strutturati e apparentemente significativi?
Non altrettanto certamente diremmo di La pioggia nel pineto o di I promessi sposi, pur essi essendo capolavori eterni dei quali ci siamo nutriti.
La forza di Lucrezio è, nel suo richiamo all’atomismo democriteo, quella di fondare esplicitamente la contiguità assoluta del mondo, ivi compresa la specie umana.
L’essere tutti, viventi o non, composti di atomi che agiscono e si muovono in base a norme e regole che sono potenzialmente riscontrabili e analizzabili ci consegna, da esseri umani, una forza straordinaria.
Acquisiamo così la consapevolezza di vivere ed agire in una continuità con il tutto che agisce su di noi in una infinità di livelli, attraverso meccanismi di cui non ci rendiamo conto nella grande maggioranza dei casi.
Posto all’Indice dalla Chiesa di Roma Lucrezio ha attraversato i millenni per incidere sulla Storia ma anche per dire ad ognuno una cosa semplice e totale.
Quella che spesso invidio al mio cane che forse la sa meglio di me.
È tuttavia evidente che non la poteva passare liscia.
Troppo facilmente il suo messaggio poteva essere letto e presentato come diseducativo materialismo.
Se gli uomini sono davvero composti di atomi uguali a tutti gli altri dell’universo, cosa ci distingue? Cosa ci guida?
La risposta, banalmente, sta (tre secoli dopo) in Emanuele Kant; quel che ci segna, quel che ci fa uomini al di là degli atomi che ci compongono, è semplicemente il punto di vista etico.
Fare, cioè, una cosa perché va fatta e non perché sia la più utile o la più furba.
Siamo tornati, guarda caso, a San Crispino.
Post Scriptum
A proposito di Kant, molti anni fa ero in una “italiansky delegazia” nella Germania dell’Est, ancora oppressa da comunismo sovietico.
Chiesi di poter andare a omaggiare la panchina sulla quale Kant soleva incontrare i suoi studenti a Konigsberg, nel frattempo assorbita dalla Russia.
Mi venne cortesemente risposto che non era possibile e che, comunque, la panchina era stata rimossa.