Di Maria Pia Ciccariello
Prima o poi te lo dirò,
ho percepito troppo tardi le mie emozioni
le ho fatte mie in un tempo non scandito dalle ore ma solo da silenzi
in cui ci sono solo io e un lampadario
ho capito tardi, di te
di te che mi sei stata affianco sempre.
Ogni passo corso con te era una vita intera
ogni dolce che sceglievi era a indovinello,
ci divertivamo a buttarla lí,
sotto il sole cocente
di una domenica di marzo.
Avevi la camicetta a maniche corte e i soliti jeans,
il solito profumo, i soliti capelli
il sorriso di sempre, dal primo giorno che ti ho incontrata in una stanza “sbagliata”.
Passavo le giornate correndo, pensando a me e al mio lavoro, ti chiamavo quando avevo bisogno
quando volevo un consiglio
quando mi serviva aiuto con mio padre,
ti chiamavo al cellulare anche quando eri distante,
cuori lontani ma vicini.
Bastava la tua voce
per tirarmi su e per strapparmi un sorriso.
Quando sei tornata nel nostro mondo,
fatto di seggiole davanti ad un bar e torta al limone
il cuore mi batteva, una rosa ti regalai
comprata dal miglior fioraio della città.
Ora non posso più farlo,
Ora che il mondo mi ha portato
distante da te
ora che te ne stai in quelle coperte calde nel tuo comodo appartamento con vista
non hai bisogno di me,
delle mie pretese, dei miei dubbi.
Ma io ho bisogno delle tue parole
di stringerti la mano
di abbracciarti amica mia,
di passeggiare sul ponte con il laghetto delle anatre
la domenica pomeriggio dopo ever chiacchierato amichevolmente con amici.
Posso solo guardarti da un vetro appannato mentre piove e riconoscere il tuo volto tra tanti balconi.
Siamo chiusi in due mondi paralleli,
in due pagine bianche e distinte
non sai ciò che voglio dirti
non sai niente, vivi nell’innocente illusione
dall’alba al tramonto.
Sento ancora le tue parole e spero che un giorno prima o poi tu ascolterai ciò che voglio dirti.
Dalla rubrica “Diario di una quarantena”
Quando un muro non separa
Un augurio particolare: sfondare i limiti!
Coronavirus, maestro di vita