In campo cinquanta relatori tra cui Paolo Gentiloni, Mara Carfagna, Daniele Franco, Giuliano Amato.
Di Stefano Rolando
Tempo fa, su questo giornale, presentai un progetto seriale di incontri previsti in un punto magnifico del basso Tirreno, quella striscia di costa tra la Campania e la Calabria, che appartiene in realtà tutta alla Basilicata e che corrisponde alla città di Maratea e alle sue frazioni. A nord delle quali, dunque confinante con Sapri, c’è la frazione di Acquafredda. Qui nel 1918, alla fine della prima guerra mondiale e poco prima di essere nominato presidente del Consiglio dei Ministri, Francesco Saverio Nitti, melfitano, già ministro dell’Agricoltura e dell’Industria e poi del Tesoro, avrebbe ancora per qualche anno trovato il luogo di raccoglimento e di pace per scrivere opere memorabili, soprattutto quelle dedicate al destino dell’Europa. Ma nel 1925 i fascisti distrussero la sua casa romana e per lui e tutta la sua famiglia cominciò l’esilio in Francia, che lo avrebbe tenuto lontano dall’Italia – e da Acquafredda – per oltre vent’anni.
Fondazioni Nitti – che ho l’onore di presiedere dal 2008 – ha immaginato due anni fa di avviare qui, a Villa Nitti, il “Festival delle città narranti” che, dopo la prima brillante edizione, è stato fermato dalla pandemia e che riprenderà nel 2022 il suo percorso. Qui, nel corso degli ultimi mesi la feconda collaborazione tra la nostra stessa Fondazione e l’Associazione Merita fondata da Claudio De Vincenti, già ministro per il Sud e la Coesione, hanno portato ad avviare ora, prima dell’estate, un secondo progetto, per certi versi ancora più ambizioso. Partire dal contenuto di riscossa culturale e imprenditoriale del Mezzogiorno che Nitti aveva dedicato al tema Nord e Sud (1900) per proporre incontri tesi “ridurre le distanze” e a ridurre le divergenti interpretazioni del nostro sviluppo nazionale (nel quadro europeo) con molteplici attori del dibattito pubblico: politici, economici, scientifici, culturali e mediatici. Ecco dunque profilarsi – nel fine di questa settimana – l’avvio di Sud&Nord (“Villa Nitti riduce le distanze”, dal 18 al 20 giugno) immaginato come un “numero zero” di una serie che si svolgerà tematicamente; portando, nei primi giorni dell’Italia quasi normalizzata quanto a mobilità e ed eventistica, 47 relatori a discutere di “Umanesimo digitale”.
In sostanza proponendo di valutare come la minor polarizzazione tra le culture tecnologiche e quelle umanistiche hanno il compito di integrare meglio le politiche e soprattutto le convergenze delle componenti sociali, professionali e territoriali del nostro Paese.
Il programma è fitto ed consultabile al link.
Spicca la presenza del commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni, dei ministri del governo italiano Mara Carfagna (Sud e Coesione) in apertura e Daniele Franco (Economia e Finanze) nelle conclusioni, del vice-presidente della Corte Costituzionale (e due volte presidente del Consiglio) Giuliano Amato, con il presidente della Regione Basilicata Vito Bardi, il presidente dell’Animi Gerardo Bianco, la presidente di Italiadecide (e già ministra) Anna Finocchiaro.
Con il sindaco della città di Maratea Daniele Stoppelli (che patrocina l’evento), Claudio De Vincenti e chi qui scrive accoglieremo gli ospiti che parteciperanno ai panel regolati da esperti e sollecitati da domande di valenti giornalisti. Molti relatori sono espressione di una rete di importanti realtà universitarie, nazionali e internazionali (da Giorgio Parisi presidente dei Lincei a Deirdre McCloskey dell’Università di Chicago); nonché di esperienze gestionali molto significative attorno alle tematiche che costruiscono il percorso di confronto (da Franco Bernabè a Valentina Bosetti). L’orientamento non è tanto di “fare rassegna” di esperienze, ma di produrre ascolto e convergenza di proposta.
“Sud&Nord” non è solo un rovesciamento di visuale, ma anche una sfida a cercare i punti di convergenza attorno alla formazione della classe dirigente del cambiamento che il dopo-pandemia ha già messo all’ordine del giorno. Tra il “niente come prima” e il “tutto come prima” questo dialogo si colloca nel solco della rigenerazione. Per salvaguardare le migliori radici ma anche per agire insieme sul cambiamento di paradigmi in cui istituzioni e società, impresa e lavoro, ricerca e media devono provare ad essere più forti degli stereotipi che ci siamo fabbricati con le nostre mani.
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