Le scale di un restauro ad una delle tombe monumentali di Naqsh – e Rostam, un sito archeologico iraniano strepitoso ed emozionante, e poi le scale di un condominio popolare di Shiraz, scale da salire e scale da scendere.
Le prime le sale il protagonista, un uomo che vuole ritornare alla vita, le seconde le scende una bella ragazza con un chador svolazzante con sul volto la gioia che solo l’amore può dare. Una porticina che si apre e fuori la libertà, un permesso solo per due giorni fuori dal carcere e una storia che si dipana con lentezza ma con un ritmo incalzante. Come sempre contraddizioni che si inseguono, che si intrecciano, che diventano storia, finzione e realtà.
“A Hero” (in persiano Ghahreman) l’ultimo capolavoro del premio Oscar Asghar Fahradi, il genio ed il talento iraniano che non salta generazioni di cineasti. Una storia kafkiana, una storia fatta di cose non dette che diventano verità, verità che diventano calunnie e bugie, speranze che si trasformano in incubi.
Premiato all’ultimo Festival di Cannes con il Gran Prix in ex aequo. Come in parte della tradizione partenopea degli Scarpetta e dei De Filippo, un gioco di specchi e di esistenze, volti stravolti da dolori che giocano ad annullare le gioie. Un film davvero molto bello, un film che ti conduce tra sguardi, parole, silenzi. Fahradi nel suo paese, l’Iran, gira e crea capolavori, nella sua terra sente il fuoco sacro del grande cinema. Sono di parte, forse si, ma l’Iran, Shiraz, la città delle rose, la città da cui è possibile visitare una delle meraviglie del mondo: Persepolis, sono location magiche.
Rahim Soltani è il protagonista di una storia particolare, condannato alla detenzione per un debito, vivrà in un breve lasso di giorni la sua vita e la vita della sua famiglia e del suo accusatore mille volte, dalle stalle alle stelle e poi di nuovo in caduta libera.
Da spettatore avresti voglia di fermare la storia, di dire “stop” riavvolgiamo il nastro, sarebbe tutto spiegabile, scusate è un equivoco… e invece no. Abile regia, idea semplice ma davvero difficile da far diventare un film, ma qui tutti in piedi perché il cinema iraniano è davvero sorprendente in tutti i suoi generi.
Il protagonista è interpretato da Amir Jadidi, ex campione di tennis, bello come lo sanno essere molti attori iraniani, tra i più affascinanti nel panorama internazionale. Non ci sono molti colori, ma ci sono mille sfumature di vite diverse e complicate, Shiraz è una delle città più solari e vivaci dell’antica Persia, è la capitale del Fars, è una delle città preferite dai turisti, è il punto di partenza per visitare le magnificenze dii Persepolis e di Pasargade.
Terra di Re, terra di cibo raffinato, di bazar colorati, tappeti e terra di uva. La culla dei grandi poeti Hafez e Sa’adi, la città dei giardini. Ma ci sono le periferie sotto la roccia, case semplici dove le famiglie fanno da scudo a tutto, quel senso di famiglia, vero, forte e solidale, quelle famiglie che in “Occidente” non esistono più, ma che nessuno racconta troppo impegnati a narrare un Iran cupo, nemico di tutti e tutto.
Per gli iraniani, la famiglia è davvero sacra. Nell’intreccio della storia dove una bugia si trasforma in un thriller, una catena di fatti, una successione di conseguenze che si allarga e coinvolge anche le istituzioni e la burocrazia. Felicità immensa, poi delusione, dolore, orgoglio, amore, in due ore accade moltissimo, Fahradi indaga il profondo, scandaglia l’essere umano e la voglia di essere felice, ma come dargli torto, perché non provare a vivere una vita felice. Ma il regista ci interroga sul perché basta un piccolo sbaglio, una superficialità per cambiare il senso di tutto, amori che finiscono, i figli che pagano nonostante la propria innocenza, nuovi amori vissuti a metà eppure così intensi, amori di chi si ama e riesce a trasmetterlo con giochi di sguardi che raccontano di più di scene ardite.
L’orgoglio, il famoso orgoglio di un persiano, di un iraniano, l’orgoglio che non ferma la catena di vicende che potrebbero scrivere il lieto fine del film, ma che invece diventa una barriera insormontabile. Una borsa strappata, monete d’oro, le monete forse di una dote, le monete che potrebbero cambiare il corso della vita di molte persone, le monete d’oro un regalo comune in Iran, una specie di assicurazione sui rovesci della vita, come le monete di Pinocchio o quelle di Giuda, monete che diventano più importanti di tutto e abbagliano per il loro splendore apparente.
Se avete voglia di tornare a cinema fatelo con un bel film, fatelo con la voglia di seguire i dialoghi, di frugare nei volti degli attori, fatelo perché il mondo è grande e il cinema lo racconta benissimo. Guardate la bellezza di un attore fuori dallo stereotipo, ma che non ha nulla da invidiare ai belli di Hollywood, guardatelo con la barba e il capello un po’ scarmigliato, poi senza barba e completamente rasato, guardate gli occhi della sua quasi moglie, neri come la pece, come ha detto qualcuno una Lina Sastri (cit. Antonello Sacchetti) dell’altopiano iranico.
Guardate i loro primi piani e provate ad osservare le loro anime, davvero abbiamo tutti le stesse fortune e sfortune, abbiamo tutti le stesse occasioni nella vita? Il pluripremiato Asghar Fahradi meriterebbe un altro Oscar, perché “A Hero” è davvero da vedere!!!