Ha avuto molto risalto in Inghilterra il fatto che l’attentatore di Nizza fosse un profugo, pardon un migrante, entrato in Italia a Lampedusa. Ed in Italia ha soggiornato sino a sette giorni prima di compiere l’efferato delitto.
I tabloid inglesi, di cui si ciba la working class locale, han avuto facile gioco a trasformare il fatto in una ulteriore bandiera della Brexit. E’ questa l’Europa che lasciamo, gridavano gli agitatori di professione. Senza protezione dei confini, senza Legge. E’ questo che vogliamo evitare per la nostra Isola!
E’ strano cogliere come in Italia invece l’argomento sia passato sotto traccia, quasi di nascosto. Con un Covid pigliatutto che monopolizza l’attenzione, con dei partiti di Governo che ovviamente cercano di evitare l’argomento e partiti di opposizione a cui alla fine i migranti fanno comodo per aver qualcuno e qualcosa contro cui gridare, solo poche righe o articoli.
A nessuno serve la risoluzione del problema. E nemmeno l’analisi.
Forse interessa solo ai cittadini italiani, a cui vengono chiesti sempre maggiori sacrifici e restrizioni, che però devono godersi ingressi e uscite come se il Paese fosse recintato solo per loro. Provino loro ad andare a Nizza ora, in lockdown francese, con regolare carta d’identità…
Un peccato, perché come per il Covid il problema migranti dovrebbe essere dibattuto, studiato nei suoi flussi di movimento e religiosi e nei suoi impatti su città e sobborghi. Dovrebbe essere reso una risorsa per lo Stato e non per le criminalità.
Ma come per il Covid, richiederebbe pianificazione, organizzazione, tempo, volontà. E soldi. Non soldi ad personam per far diventare chi entra un business ma soldi per formazione, studio, insegnamento della lingua e della cultura Italiana ed Europea.
Una sciocchezza per chi forse non sa leggere o scrivere dite? Forse, ma se anche un poco, un pizzico di quanto mostrato e insegnato resta e di quanto ha attirato il migrante verso una miglior vita poi magari gli si prospetta, siamo sicuri che questa persona scelga poi di immolarsi per delle vignette su un pezzo di carta, anche se in nome di un Dio?
Londra reagisce come Londra non era solo qualche anno fa: senza aplomb. Strillando all’invasione. Ma fa quasi ridere, vedendo una città fatta di mille etnie e cento lingue. Religioni mai viste né sentite e perfino diete che diventano religioni.
Pub gestiti da irlandesi che invece di esplodere bombe contano fatture, ristoranti indiani, negozi pakistani, autisti di Uber turchi o moldavi. Londra urla, ma alla fine accoglie tutti. Ma per diventare inglese devi studiare, storia e lingua, e passare un esame. E poi lavorare. Noi a parole accogliamo tutti, ma emarginiamo tanti; troppi.
Esco dal mio ufficio di Torino e vedo un migrante che pulisce per terra, toglie le erbacce che attanagliano il ponte e tutte le isole pedonali attorno ad esso. Primo pensiero è per il Sindaco, che si era fatto fotografare in campagna elettorale con lo slogan “mai più erbacce”. E sorrido.
Poi capisco. Non è un impiegato del Comune. Leggo il cartello con ortografia incerta e italiano sgrammaticato: son arrivato qui, dice in summa, voglio fare il mio, anche io vivo qui, quindi lavoro dove posso.
Lascio il mio piccolo obolo. La sera quando ripasso quasi un chilometro del lungo Po sembra un rione di Bolzano. E mi chiedo: sicuri che i migranti non vogliano ascoltare, imparare, migliorare?