Sono cresciuta in una Milano che lavorava e che pensava solo a fa i danè, studiare era per le signorine per bene, se poi andavi dalle suore, eri catalogata secondo la sigla che avevi sul colletto bianco del grembiule nero, lungo il ginocchio, i centimetri dettati dalla madre superiora. Era come avere le stellette sulla giacca militare.
C’erano le alunne della Bonvesin della Riva, considerate ricche e con la puzza sotto il naso, le orsoline, pur sempre benestanti, ma meno libertine delle prime, le salesiane con due varianti MC Maria consolatrice e MA Maria ausiliatrice; io frequentavo quest’ultimo istituto legato a Don Bosco e dove a parte, studiavano anche i ragazzi. Diciamo che eravamo le più democratiche e collaborative.
Milano, viveva in pieno il seguito del 68’, della rivoluzione femminile e delle contestazioni politiche, quindi chi poteva mandava i figli in scuole private pensando che ci fossero meno rischi e meno occupazioni… Io sono riuscita a starci fino alle medie e poi mi sono buttata nella mischia, passando dalle processioni vestita da angioletto e da Madonna in seguito, alle giacche di pelle, Ray-Ban, stivali e pantaloni a zampa; la minigonna, la tenevo piegata, nascosta nel portalibri, la mettevo solo a scuola, mio padre non era per niente moderno anche se imprenditore, ma per me, solo un siciliano a Milano.
Gli anni 70’ fino agli 80’ un decennio indimenticabile, rimpianto da molti e da chi non lo vivrà mai. Certo, anche allora accadevano brutte vicende, era il tempo delle brigate rosse, del terrorismo e della rivolta degli operai verso i padroni, degli anarchici che per quel che comprendevo allora, erano un derivato dei figli dei fiori, ma più impegnati politicamente.
La Milano di quel periodo è lo scenario di tanti film ora divenuti dei cult, diventò la capitale della musica delle case discografiche, ha cullato e lanciato artisti che ancora oggi ricordano la città come l’inizio della loro carriera. I complessi beat cantavano testi rivoluzionari e innovativi. Ci sembravano quasi a volte troppo spinti o da censura. Oggi la metà delle canzoni di giovani artisti e rap, sarebbero da bandire per contenuti, invece i genitori a differenza dei nostri, portano i loro figli di tredici anni a sentirli in discoteche e non aggiungo altro!
Ricordo con tenerezza la messa della domenica mattina, in Sant’Agostino, dai Salesiani di Don Bosco, com’era uso per obbligo, ma anche per sbirciare i ragazzi che stavano sulle panche a sinistra, (allora ci dividevano) ma soprattutto per vedere lui, l’idolo della nostra infanzia, adolescenza, il molleggiato, si proprio lui Adriano Celentano, che stava in fondo alla chiesa nel suo cappotto lungo e pregava. Per noi era fichissimo! Altri tempi, sia perché usciva da casa, ora credo non più di tanto e sia per le sue canzoni di vera rivoluzione, se pensate che parlava di case e cemento, o di fare l’amore e non la guerra! La canzone manifesto di quei tempi, oltre ad altre anche più impegnate di grandi come Gaber, Iannacci o Fo, per noi giovani bit, era Mettete dei fiori nei vostri cannoni, una ballata del gruppo bit-pop I Giganti. Se penso che uno di loro, per una marachella poi finita in nulla, rubò la macchina a mio padre, un’auto sportiva posteggiata nel posto sbagliato al momento giusto… per loro! Oggi sarebbe successo un finimondo. In ogni caso quel testo vale ancora oggi, con i venti sempre di guerra minacciosa e una pace sempre borderline.
Credo sì, che siano cambiate forme, strade, il moderno è mischiato al liberty, la tecnologia è in ogni angolo, la città ha cambiato aspetto, ora si chiama Skylab, luoghi trasformati e per chi li ha visti prima, fa effetto, grattacieli maestosi, navigli coperti e che ora vogliono riaprire, si è costruito appunto, cemento su cemento, multietnica e apparentemente pro integrazione, catalogata in testa alle città nel mondo come qualità di vita, è capitale del design, della moda e di tutto ciò che fa tendenza tanto che è quasi vietato vedere qualcuno in giro vestito male o in disordine, io stessa se scendo a far la spesa, metto almeno un rossetto e controllo il look; unica cosa che ha preservato, il suo spirito laborioso, quello di far soldi (in Italiano).
Alcuni ne parlano male dicendo che è invivibile e che vogliono andarsene, ma poi rimangono. E come dai film di Totò nulla è cambiato: come dice la nota canzone milanese O mia bela Madunina “…Sota a ti se viv la vita, se sta mai con man in man, canten tucc “Lontan de Napoli semoeur” ma po’ i vegnen chi a Milan!”
Alla prossima!