domenica 17 Novembre 2024
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Napoli: un tram che si chiama… desiderio

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Si potrebbe pensare a un accanimento contro la città a opera di chi dovrebbe invece difenderla. Sono tanti luoghi simbolo della città che sono stati e, ahinoi, si teme, che saranno ancora compromessi da una sorta di furia devastatrice. È toccato a piazza Garibaldi, piazza Municipio, piazza Plebiscito e chissà a quanti altri luoghi.

È capitato proprio in questi giorni che, aperto finalmente l’accesso al viale centrale della Villa Comunale, occupata per anni dai lavori della Linea 6, ci si è trovati dinanzi a una serie di griglie di aerazione della Linea sotterranea che hanno fatto inorridire tanti, Francesco Bruno, ad esempio: «… fa rabbia vedere come non si sappia sistemare quattro griglie con un minimo di ordine e con rispetto di un viale di una villa storica e monumentale e ipervincolata. Il tutto dopo circa sette anni di lavori e un intero settore tenuto transennato».

villa comunale
villa comunale

Tutta l’operazione della Linea 6, non è possibile negarlo, è un’operazione ricca di interrogativi e perplessità: la famosa talpa incastratasi (ormai in tempi lontani) nel sottosuolo di via Piedigrotta, i guasti alla Riviera (a monte, per il crollo di una verticale di Palazzo Bovino, a valle, per i danni prodotti alla Villa Comunale), l’inconsulta trasformazione di piazza Santa Maria degli Angeli a Pizzofalcone che fa il paio con quella di piazza Nicola Amore (altra Linea) non più tanto piazza grazie anche alla sciagurata invenzione dell’architetto Fuksas.

Lavori lungomare caracciolo
Lavori lungomare Caracciolo

Sarebbe sbagliato pensare a un tram che si chiama Desiderio? Certamente no. Sono pochi, infatti, i napoletani che guardano con piacere a questa Linea 6 (forse qualcuno con interesse). Per moltissimi altri, invece, resta il sogno di un tram che corre in superficie, come quello di una volta e secondo quanto era previsto dal Piano Urbano di Mobilità Sostenibile: davvero una bella cosa per Napoli, per i napoletani e per i turisti, un incoraggiamento a proseguire oltre, rinverdendo quei bei tempi (neppure tanto lontani). Allora il tram arrivava a Bagnoli, addirittura fino a “La Pietra”, con lo scenario bellissimo del golfo di Pozzuoli, e l’intera passeggiata permetteva di goderlo, seppure a tratti. Sarebbe stato certamente più utile e produttivo mobilitare le forze migliori della città per programmare una diversa strategia avente obiettivi migliori.

Ci sarebbe stato da rallegrarsi per il ritorno, anche se tardivo, a una realtà che andava perdendosi, ricca, tra l’altro, anche di suggestioni canore (bastava pensare a ‘O tram d’ ‘a Turretta della canzone Primma, Siconda e Terza di E. A. Mario). C’era da rallegrarsi del ritrovamento del fascino non ancora abbandonato di un mezzo di trasporto che permette al viaggiatore uno sguardo aperto all’esterno, con una maggiore conoscenza e condivisione dei luoghi attraversati. L’idea di una linea in superficie, però, pare sia stata definitivamente abbandonata per una presunta incompatibilità tra il passaggio dei mezzi in superficie e le gallerie sottostanti a causa di temuti effetti da vibrazioni: cosa in verità non del tutto plausibile e potrebbe ben sperarsi, chissà, che l’impedimento possa essere nel séguito facilmente superato.

Ci sarebbe da domandarsi perché l’opera sotterranea sia stata concepita, dal momento che se ne sarebbero potuti facilmente prevedere gli aspetti e gli effetti negativi, insieme con la limitata funzionalità. Qualche anno fa a chi scrive venne pure da immaginare cosa sarebbe successo, se si fosse deciso di abolirla, paradossalmente, rinunciandovi del tutto, nonostante i costi fino allora sostenuti e valutando il risparmio delle successive non irrilevanti spese di gestione; senza escludere che quanto già realizzato si sarebbe potuto parzialmente riconvertire in altre funzioni.

L’idea per un verso era del tutto fantastica (nel significato originario di “fantasiosa”), anche se supportata da una sia pur sommaria analisi fatta da qualche docente esperto di Tecnica ed Economia dei trasporti. L’obiezione disarmante, però, fu costituita dalla concreta e triste circostanza che una decisione del genere avrebbe comportato il dover restituire alla Comunità Europea tutto quanto già ricevuto; e ciò fu sufficiente a far crollare ogni sogno…

Peccato! Non si sarebbe assistito allo spettacolo della Villa diventata uno squallido e polveroso deserto, con pochi e spelacchiati alberi, del tutto indecorosa (altro che Real Passeggio di antica memoria!) e con tutti gli oltraggi subìti negli ultimi anni (la manomissione della Cassa armonica, il manufatto emergente per un ascensore della Linea 6, il taglio indiscriminato di alberi, per dirne qualcuno), senza dimenticare il “restauro” operato dall’arch. Mendini, un intervento rimasto al centro di numerose e mai sopite polemiche per l’abbandono del preesistente stile neoclassico per diversi aspetti. Un luogo, come quello del lungomare, che avrebbe richiesto di essere lasciato così come era.

Lungomare Napoli
Lungomare Napoli





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