É vero che Donald Trump ha presentato la domanda per la sua ricandidatura a presidente degli Usa già nel giorno dell’inaugurazione della sua presidenza (il 20 gennaio 2017). É anche vero che ha di recente annunciato che Mike Pence sarà nuovamente il suo candidato alla vice presidenza (fino allo scorso gennaio ancora non lo aveva ricandidato). Ma durante un’edizione del notiziario serale “Newshour” della rete TV pubblica Pbs, i giornalisti ospiti in studio hanno fatto delle osservazioni interessanti e che fanno pensare altrimenti. “Trump è stanco” hanno detto e “poi ha intensificato le bugie”, che ora sono arrivate a livelli allarmanti, come quella dell’incontro della First Lady Melania Trump con il dittatore Nord Coreano Kim Jong Un (mai avvenuto), o del padre nato in Germania (è nato nel Bronx); come pure sparate tipo considerarsi un “prescelto” da Dio.
Tutto ciò potrebbe indicare uno stato mentale “critico” e “non sereno” per affrontare un’estenuante campagna elettorale all’età di 74 anni. Il messaggio velato dei giornalisti è che Trump non sia più tanto interessato alla presidenza, e questa percezione potrebbe essere attribuita a diversi fattori:
- Per primo l’esame costante a cui è sottoposto e che controbilancia il suo narcisismo, il voler essere sempre al centro dell’attenzione e l’allergia alle critiche.
- Il dover fare i conti con un Congresso ostile e anche con alcuni legislatori del suo stesso partito repubblicano.*La minaccia di un impeachment.
- Far fronte a 20 diverse indagini contro di lui.
- Non poter fare il boss come vorrebbe, con poteri assoluti.
- Il timore di non essere rieletto (devastante per il suo ego e che avvallerebbe l’interferenza russa nella sua elezione), come è stato pronosticato da un’analisi interna alla casa bianca.
- Durante la campagna non vorrà doversi giustificare con la sua base per le promesse che non è riuscito a mantenere, come la costruzione del muro, l’eliminazione dell’Obama Care, la guerra dei dazi con la Cina, la mancata riduzione del deficit (che è aumentato), ed il rispetto degli Usa a livello internazionale (che è diminuito).
- La recessione prevista per il 2021.
- Il suo disinteresse verso la politica e l’opinione pubblica in genere.
- La disinvoltura verso gli organi governativi (preferendo ministri che fanno “le veci”).
- Una Casa Bianca fuori controllo (con 64 tra defezioni e licenziamenti, tra cui 28 ministri, in 33 mesi, o uno ogni 14 giorni).
In passato si è anche discussa la possibilità che Trump sfidi le istituzioni non accettando un’eventuale sconfitta nel 2020 e continuando imperturbato la presidenza anche in caso di perdita. A livello costituzionale, ha anche avuto occasione di affermare che la legge gli permetterebbe di perdonarsi da solo per i suoi misfatti. Ma queste supposizioni non sono accettabili nemmeno dai repubblicani, specialmente quelli che non fanno parte del “Partito di Trump”, pertanto vengono a decadere.
L’ipotesi che Trump non si ricandidi è stata anche avanzata lo scorso febbraio in un ampio articolo del giornale online “Medium”, che ha indicato anche altri motivi, come quello di proteggere i suoi famigliari, e di togliere ai candidati democratici le critiche su Trump come piattaforma elettorale, per quindi contribuire a far eleggere il suo vice Pence, che è considerato un vero repubblicano.