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mercoledì 24 Aprile 2024
Lettera daVille vesuviane. Non solo il miglio d’oro

Ville vesuviane. Non solo il miglio d’oro

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Quando si dice ville vesuviane il pensiero, giustamente, corre subito a quel lungo tratto di strada (un miglio settecentesco) che da Ercolano arriva sino a Torre del Greco (successivamente allungatone l’inizio sino da San Giorgio a Cremano e Portici).

Si chiama “miglio d’oro” e lungo la strada e a ridosso della stessa ne conta di ville. Ne conta ben 122 censite dall’Ente per le Ville Vesuviane, nato nel 1971 e dal 2009 diventato Fondazione Ente per le Ville Vesuviane.

Non tutte quelle ville sono ugualmente note, ma sono tutte tali da avere “indorato” questa lunga strada nel XVIII secolo. Quando, cioè, Carlo di Borbone, affascinato dalla bellezza del paesaggio e dalla mitezza del clima, decise di mettervi mano cominciando col farvi costruire una Reggia da Antonio Canevari: la Reggia di Portici.

Bastarono quattro anni (1738-1742) per costruire questo gioiello residenziale (ora sede della Facoltà di Agraria della Federico II). E, dal momento che v’era andato il re, la cosa coinvolse presto buona parte della nobiltà napoletana (quella più ricca) che in pochi altri anni vi fece costruire le proprie residenze: le ville vesuviane.

Dicevo che alcune sono più note. Innanzitutto  la Villa Campolieto, ma anche la Favorita, Villa Durante, Villa Aprile, Villa Signorini; Villa BrunoVilla Vannucchi e Villa Pignatelli di Montecalvo (a San Giorgio a Cremano); Villa Prota e Villa delle Ginestre a Torre del Greco.

Villa Durante
Villa Durante

Non tutti sanno che questo eccezionale patrimonio ricade anche in un’area naturale protetta, tra Ercolano e Torre del Greco, che è il Parco nazionale del Vesuvio.

Villa Campolieto
Villa Campolieto

Ecco, appunto, il Parco Nazionale del Vesuvio. Per dire che non finisce qui. Chi, volendo approfittare dell’amenità dei luoghi vesuviani, voleva farsi costruire una villa nella quale vivere o, per lo meno, trascorrervi lunghi periodi dell’anno, lo ha fatto non solo lungo il miglio d’oro, ma anche altrove.

Per esempio nei due casali di Pollena e di Trocchia uniti in un unico comune, Pollena Trocchia, con un decreto di Gioacchino Murat (n. 922 del 4 maggio 1811) e che dal 1995 è anche uno dei 13 comuni del Parco. Ed è qui, in quest’area, che si trovano altre dimore vesuviane, ville appunto, che ben potrebbero entrare a far parte del vesuviano patrimonio delle Ville: villa Trinchera, (medico di corte di Ferdinando II), villa Cappelli, (dove si trovano anche affreschi stupendi), palazzo Pistolesi e villa Caracciolo-Ruoppolo.

Quest’ultima di importante valore anche di storia più recente che riguarda Gaetano Donizzetti. Qui, nel casale di Trocchia, il musicista bergamasco fra il 1828 e il 1830 fu spesso ospite di Ferdinando Capece Minutolo e del marchese Giuseppe Cavalcanti proprietario del podere la Vigna dove, seduto su un masso di pietra lavica sotto un maestoso ulivo, Donizzetti ha composto parti della “Lucia di Lammermoor” e dell’Elisir d’Amore che ha, poi, suonato e provato sui due grandi organi a canne nella chiesa SS. Annunziata e nella congrega SS. Sacramento di Trocchia.

Villa Caracciolo-Ruoppolo
Villa Caracciolo-Ruoppolo

Tanto giustamente importante viene considerato il luogo (no location, per carità!) in cui il tutto è storicamente avvenuto che nel giugno del 1911 la presenza del musicista fu ricordata in una lapide fatta erigere, dal Conte Ambrogino Caracciolo di Torchiarolo e posizionata sotto l’ulivo che ne fu silenzioso spettatore.

E tanto importante ne è stato considerato il ricordo che per celebrare il centenario di quella lapide e, soprattutto la presenza di Donizzetti in quei luoghi, il Parco Nazionale del Vesuvio e il teatro San Carlo nel giugno del 2011 contribuirono a organizzare due importanti serate musicali.

Tutto questo, tornando da dove sono partito, per dire che siamo in piena area vesuviana, versante sommano (e il Monte Somma è la “mamma” del Vesuvio) e quelle ville che prima ricordavo mi pare potrebbero, senza forzature, rientrare nel più generale patrimonio delle Ville vesuviane.

Non conosco lo Statuto della Fondazione. Ma, confessando questa ignoranza, sono comunque indotto a ritenere e a sperare che, volendo, si potrebbe agevolmente inserirvi questo punto e allargare la consistenza di questo importante patrimonio.






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