Vincenzo Mascia artista, architetto e designer di origini molisane, lungo l’intera carriera sintetizza e sviluppa una intuizione generatasi duarante gli anni giovanili: la rappresentazione di un possibile equilibrio tra le parti nonostante il caos apparente.
Sul finire degli anni Settanta lascia la sua terra per dedicarsi agli studi di Architettura a Roma, città che fortemente influenza la sua ricerca ed in cui si avvicina alle teorie analitiche dello storico, critico e docente universitario Filiberto Menna ed i cui dettami generano una completa apertura mentale verso un arte non necessariamente manuale ma piuttosto concettuale.
Vincenzo Mascia comprende e struttura così un suo linguaggio personale, dalle esplorazioni dei cicli dedicati “sulle tracce di Fontana” in cui ha interesse a ritrovare al di là della superficie colore e luce, si avvicina casualmente al movimento MADI’ (acronimo di Movimento-Astrazione-Dimensione-Invenzione) divenendone un importante rappresentante.
L’esigenza di superare i limiti stessi del quadro, l’impianto chiaramente costruttivista, la concezione di un arte con una incisiva valenza ludica e che non rappresenti, scevra quindi da simboli e connotazioni di natura significante, incessantemente e sino ad oggi ne connotano il suo lavoro.
Attualmente con le “strutture caotiche”, installazioni tridimensionali in cui assembla causalmente differenti materiali, dimostra una chiara predilezione per il concetto del caos. I singoli elementi lineari disposti nella composizione, partendo da un confronto-scontro giungono ad un equlibrio ed unità quali elementi perenni nel lavoro di Mascia.
“Mikado” struttura caotica realizzata recentemente, sarà a breve donata alla Città di Sorrento in occasione della presentazione della quarta edizione del SyArt Sorrento Festival, collocandosi all’interno della collezione permanente del Museo Outdoor sorrentino.
L’opera che scelgo s’intitola “Struttura 04/16”, realizzata nel 2016 e facente parte di un ciclo più ampio denominato “Strutture dodecafoniche”, in cui vi è un chiaro rimando ad una lettura di pertinenza musicale. In questa opera e come avviene nelle restanti strutture parte del medesimo ciclo, gli elementi frammentati si dispongono su di un fondo monocromatico, adagiandosi su di una griglia incisa e creando un gioco di ombra e luce, pieno e vuoto, linee orizzontali e verticali, quale sintesi del perenne contrasto tra razionale ed irrazionale vissuto dall’uomo moderno.
La tecnica: colore acrilico su legno, dimensioni 48 x 48 x 5 cm.