mercoledì 25 Dicembre 2024
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Vogliamo restare vivi, ma anche liberi e consapevoli

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Le colonnine blu nel grafico rappresentano il numero di persone ricoverate in terapia intensiva “con coronavirus” in ciascun giorno dell’ultima settimana. Si tratta di una variabile importante perché le postazioni di terapia intensiva sono limitate ed evidentemente chi è in condizioni che ne richiedono l’utilizzo se non può accedervi corre dei gravi rischi. Ciò che sappiamo è che prima dell’inizio dell’emergenza coronavirus le postazioni di terapia intensiva in Italia erano circa 5.000, sappiamo anche che il governo il 4 marzo ha emanato una circolare in cui chiedeva alle strutture ospedaliere di aumentarle del 50% (+2.500). Secondo una nota dell’AGI , un’agenzia giornalistica seria che ha effettuato una ricognizione presso le regioni, le postazioni aggiuntive attivate entro la fine del mese di marzo saranno circa 1.210 (https://www.agi.it/cronaca/news/2020-03-14/coronavirus-posti-terapia-intensiva-7530891/).

Creare postazioni di terapia intensiva non è facile: occorre reperire spazi adeguati e ristrutturali, procurarsi le macchine e le attrezzature, avere disponibilità di personale medico qualificato. Da quello che leggiamo ad un soggetto dotato di competenze ed efficiente come la Fondazione Gemelli sono occorse circa due settimane per ristrutturare una struttura ospedaliera attiva (il Colombus) per creare nuove postazioni di terapia intensiva e nuovi spazi per gli altri malati da Coronavirus, ma si tratta presumibilmente di una best practice che è difficile riprodurre in tutte le situazioni.

Le colonnine rosse nel grafico rappresentano una proiezione, puramente statistica e non basata su modelli epidemiologici, del fabbisogno di posti letto in terapia intensiva se la crescita dovesse continuare allo stesso ritmo percentuale che ha avuto in media negli ultimi tre giorni (12,1%). Io non so quanti posti letto di terapia intensiva “ordinaria” possano essere recuperati da quelli disponibili prima dell’emergenza (presumo che fossero tarati in base alle necessità ordinarie con qualche margine di riserva) ma anche supponendo che se ne possa recuperare un quarto (1.250)  la disponibilità per coronavirus a fine mese sarebbe di circa 2.500 (2.460= 1.250+1.210) cioè abbondantemente inferiore alle necessità di questo scenario pessimistico (oltre 10.000).

Se invece abbassiamo il tasso di crescita del fabbisogno al 7%  come nelle colonnine verdi (che è una semplificazione, perché anche augurandoci che le misure di contenimento abbiano effetto la riduzione sarà progressiva), e ipotizziamo che l’intero “piano di adeguamento” sia realizzato entro marzo e che si possano recuperare il 50% dei posti esistenti (che è una stima, credo, molto ottimistica) allora arriviamo a fine mese con una dotazione compatibile con il fabbisogno (circa 5.000 unità).

Sono numeri sbagliati e sballati? Non lo so, è una mera esercitazione statistica. Ovviamente spero che il fabbisogno cresca a un ritmo decrescente e che la dotazione possa essere aumentata ancora più rapidamente. Il problema è che non sono riuscito a trovare nessuna fonte di informazione pubblica che fornisca i dati previsionali e dia conto dello stato di attuazione del “piano” di adeguamento (ammesso che un “piano”, cioè un insieme coordinato di azioni affidate a diversi soggetti, esista e sia monitorato).

E’ una questione importante. E’ giusto chiedere a tutti di adeguarsi alle disposizioni e alle indicazioni delle autorità. Ma è anche giusto che le stesse autorità informino in modo completo e attendibile su cosa sta succedendo e cosa si sta facendo, su quali difficoltà si incontrano e su come si pensa di superale. Vogliamo restare vivi, ma anche liberi e consapevoli.

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