In merito all’editoriale Di Maio, il crollo del ponte e la scatoletta di tonno, di seguito la lettera inviatami da Aldo Di Russo, a commento dello stesso, cui segue la replica del Prof. Pacelli.
Caro Direttore,
Sento il dovere di commentare l’articolo dell’esimio Prof Pacelli a proposito della tragedia di Genova. Nella conclusione del suo ragionamento, per altro condivisibile in pieno fino a quel momento, il Professore fa un paragone tra le posizioni di Di Maio, Salvini e Conte espresse a caldo ai microfoni del TG e la sceneggiata Napoletana. Pur rispettando la profonda cultura del Prof Pacelli trovo il paragone estremamente oltraggioso ed offensivo nel confronti della Sceneggiata, genere teatrale popolare costruito anch’esso, questo si, sulle dinamiche di tre personaggi: Iss’, Ess’, e o Malament’, ma che ruotava sempre intorno ad un sipario in grado di produrre cultura e mai solo propaganda, qualunque fosse la tragedia della vita quadro di riferimento del dramma, guerra compresa. Lo spettatore imponeva che nella lotta tra il bene ed il male personificati trionfasse sempre e solo il bene come nemesi, ideale di giustizia contro le angherie della vita.
Fu così per il dramma della emigrazione forzata che ha prodotto movimenti d’animo, emigrati anch’essi, a sostenere le sofferenze dei nostri connazionali a New York. Per tutti la sequenza della sceneggiata che Francis Ford Coppola inserisce nel Padrino parte seconda che ispira, seppure in modo distorto, i sentimenti d’onore del giovane Corleone. Fu proprio la genialità di Di Maio (Oscar in questo caso) negli anni venti del novecento, a darci alcuni tra i testi migliori del tempo: Core furatsiero è un esempio per tutti. Oggi la sceneggiata non esiste più, il Prof Pacelli lo sa bene, è morta con la deportazione del sottoproletariato dal centro storico alle periferie, è Scampia che ha ucciso la sceneggiata imponendo altri dei ed altri eroi ad un mondo che forse ha smesso di rappresentare se stesso.
Per questo contesto il paragone, a meno che il Prof Pacelli non si riferisca al fatto che nella Sceneggiata gli attori, i cantanti, erano presi dalla strada, comparse del popolo per il popolo e non professionisti della scena in un mondo dove la platea aveva una forte incidenza sulla rappresentazione, partecipava attivamente alla scena mostrando la sua adesione o il suo dissenso al punto che gli autori scrivevano trame tenendo in mente i gusti del pubblico e non la fattibilità del programma spettacolo. Se così faccio ammenda del mio sfogo istintivo.
Grazie per l’ospitalità
Aldo Di Russo
La replica del Prof. Pacelli
A mio parere la sceneggiata e’ il ponte tra il vecchio che dorme e sogna di essere una farfalla e una farfalla che sogna di essere un vecchio che dorme: dove finisce la realta’ ed inizia la fantasia e viceversa in O’ zapatore ?