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sabato 20 Aprile 2024
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Esercizio: La percezione del tempo che dipende dal movimento nell’Arte

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Riguardo a una conversazione con un amico artista con cui scambio idee su concetti, fondamenti artistici e sperimentali, e che si occupa oggi della nozione del passare del tempo in un’esperienza fotografica sulla nostra vita, dell’esposizione del negativo, e del modo in cui, a seconda della pratica artistica o quotidiana, la giornata sembra più lunga o al contrario passa più velocemente. Ci sono conseguenze per il lavoro fotografico, per la tela o per il tempo. In questo momento in cui usciamo dalla fase di confinamento, credo sia pertinente parlare dell’essere umano prima del Covid e dopo Covid, come una pubblicità radiofonica che funziona sulla telefonia portoghese.

È importante sentire se siamo diventati più vicini all’umanesimo all’essere essenziale o se, al contrario, siamo stati immersi in un’amarezza e in una disperazione che è precipitata dalla mancanza di sicurezza. Il mondo è cambiato e anche le nostre vite sono cambiate. Facciamo un esercizio. La vita che dipende dal movimento e dall’immagine ha più o meno tempo? Avete mai provato a fare questo esercizio? Dall’avvento della televisione, la nostra percezione del tempo è cambiata e oggi con internet, forse anche di più, ma dall’epoca della pittura e della scultura come Degas o Rodin, il movimento è stato lavorato e ha influenzato la nostra nozione di tempo. L’attrazione per le vertigini. Questa percezione è importante per noi per sapere se consumiamo il tempo della nostra vita, come una miccia che si accende per una rapida fine, o al contrario, per sapere se il tempo che abbiamo a disposizione nella nostra vita viene utilizzato per migliorare e aumentare la qualità e la percezione del tempo. L’ossessione per la gioventù non è forse un tentativo di congelare quel tempo?

Analizziamo allora questo brano tratto da uno studio accademico di Francisco Carlos Nather e José Lino Oliveira Bueno sul modo in cui un’immagine statica può o meno sembrare muoversi: “Le immagini statiche sono state utilizzate negli studi sulla percezione soggettiva del tempo, per confrontare come la loro percezione avviene in relazione a immagini che presentano movimenti di diversa intensità (Brown, 1995; Predebon, 2002a; Predebon 2002b). Tuttavia, non sono stati trovati dati nella letteratura sul tempo soggettivo su come le immagini statiche che rappresentano un certo movimento possano influenzare la stima temporale dei soggetti.

Nather e Bueno (2006), utilizzando fotografie di oggetti che rappresentano danzatori in due posizioni diverse (uno seduto e l’altro in posizione di danza) hanno trovato differenze nelle stime temporali tra le due immagini: il danzatore seduto è stato stimato con una durata temporale più breve rispetto a quella del passo di danza, anche se il tempo di esposizione per entrambi è stato lo stesso. Inoltre, le due immagini sono state sottovalutate in relazione al tempo di esposizione effettivo.

Quindi penso e vi chiedo cosa ha più senso per voi. Se vivere in velocità o vivere in contemplazione? La realtà è più facilmente percepibile quando l’oggetto osservato è statico e ci permette di viaggiare all’interno? Oppure la realtà è più ricca se i nostri occhi si concentrano sul movimento e sulla velocità? Questa domanda è piuttosto vasta e ci permette anche di pensare al perché i nuovi media, come il cinema e la realtà aumentata o gli ologrammi, sono sempre stati un punto di estrapolazione che permette la proiezione dell’immaginario, e forse la ricostruzione di sogni perduti o la rappresentazione di desideri in ritardo. La proiezione dell’immaginario è sempre stata per l’uomo, una forma di catarsi dell’immaginario, dai murales paleolitici ai giorni nostri.

Come gli autori Francisco Carlos Nather e José Lino Oliveira Bueno citano nella loro analisi del movimento nell’arte, in questa riflessione è importante per me pensare che la pandemia ci ha permesso di rallentare la velocità che ci rendeva così voraci nella vita quotidiana. Il rallentamento forzato dell’isolamento avrà conseguenze sul cinema, sull’animazione, sulla musica e sul modo in cui l’Arte viene a noi, sapendo che questa esperienza globale sarà certamente l’inizio di una nuova contemporaneità.

Con il telelavoro, le distanze sono state accorciate. E’ rimasto più tempo per la famiglia. C’era più obiettività per i compiti professionali e meno bisogno di viaggiare per andare al lavoro. C’è più tempo? O il tempo rimanente è stato dedicato a più compiti per noi obbligatori? I media esplorano il tempo in modo sensibile. Tempo per fare il pane, cucinare il risotto, camminare a piedi nudi per casa mentre si lavora. Un’altra nozione di tempo, meno corrotta con i manufatti del mondo prima del Covid.

Poi c’è tutto un altro mondo, di terra, fango, odore e sapore che vive nelle province rurali e nei territori periferici a bassa densità, in una roccaforte dove la campagna ci porta ancora il privilegio dell’assenza di velocità, e la natura ritarda il passo delle decisioni, quelle che tutto ciò che è artificiale come l’immagine rappresentata di noi in una fotografia, ci fa apparire come un’altra realtà, veloce o lenta, a seconda del passo di danza che vogliamo giocare nella posa per l’artista.

Puoi leggere la versione originale in inglese “Exercise: The perception of time that depends on movement in Art






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