Abbiamo incontrato l’ex sindaco di Roma Ignazio Marino al Gala della Fondazione italo-americana Niaf a Washington D.C., felicissimo perché ora non viene piú “insultato per strada”. Tornato nella sua residenza in Pensilvania, ha acconsentito ad un’intervista (la prima dal 2018) e come prima domanda gli abbiamo chiesto:
Che consiglio darebbe al nuovo sindaco di Roma, Roberto Gualtieri?
“Due consigli: scegliere per il suo staff persone di assoluta fiducia, senza cedere a condizionamenti esterni. E pensare alle reali esigenze delle romane e dei romani, non a ciò che conviene fare o non fare per non disturbare antichi equilibri”.
Le manca la politica o è completamente soddisfatto con il ritorno alla sua attività di medico chirurgo?
“Non mi manca affatto e sono felice del mio mestiere, che è quello che ho sempre desiderato. Dal 2016 sono tornato alla Thomas Jefferson University di Philadelphia [Marino é arrivato negli Usa nel 1990]. Mi occupo di trapianto d’organi ma anche di relazioni internazionali e sono orgoglioso di aver ideato un nuovo programma di doppia laurea collaborando con l’Università Cattolica di Roma. Il programma permette ai laureati di esercitare la professione medica sia in Europa che negli Stati Uniti”.
Il mandato come sindaco le ha dato tanta visibilità, ma anche tanti dispiaceri. Com’è stato il mandato da Senatore? Meno visibilità e più soddisfazioni?
“È stato un onore servire l’Italia per oltre sette anni, sedendo nei banchi del Senato. Durante le legislature che mi hanno visto presiedere prima la Commissione Igiene e Sanità, poi quella d’Inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale ho lavorato per migliorare la sanità in Italia. L’attività legislativa è molto diversa da quella di un Sindaco, che deve fornire soluzioni concrete ed immediate. Richiede pazienza e perseveranza. I provvedimenti a mia firma di cui sono più orgoglioso sono la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari e il disegno di legge sul testamento biologico che però è entrato in vigore in Italia solo nel 2017, oltre 10 anni da quando come senatore scrissi la legge.
A Roma si spostava in bici, lo fa anche oggi per recarsi alla Thomas Jefferson University a Filadelfia?
“Assolutamente sí! È un mezzo di trasporto che uso ogni giorno, da oltre 20 anni”.
Il suo mandato come sindaco (giugno 2013-ottobre 2015) si é svolto dopo un’amministrazione di destra (con Gianni Alemanno) e prima di una populista (con Virginia Raggi). Secondo lei, chi di questi due è stato un sindaco migliore?
“Da Alemanno mi dividono profonde differenze ideologiche. Virginia Raggi avrebbe potuto avere punti di contatto con il mio sentire, ma ha fatto scelte che non ho condiviso, come la rinuncia ad ospitare a Roma le prossime Olimpiadi e alla costruzione del nuovo Stadio della Roma, per il quale ero riuscito a coinvolgere Daniel Libeskind, l’architetto che ha ricostruito Ground Zero a New York”.
Se potesse tornare indietro, cosa sarebbe la prima cosa che non rifarebbe come sindaco?
“Non mi affiderei ai partiti per la composizione delle liste elettorali e quindi per la scelta dei consiglieri comunali. Pretenderei di selezionare con attenzione i candidati che rappresentano i cittadini della Capitale. Eviterei coloro che vivono di politica e non hanno mai avuto un altro mestiere”.
Secondo lei, Roma è davvero governabile?
“Assolutamente si! Ma serve coraggio e coerenza, oltre che fondi e una legge che conferisca alla Capitale l’autonomia finanziaria che le spetta in materia di rifiuti, trasporti e sicurezza. Lo stesso tipo di legge che hanno Parigi e Londra.
Al sindaco di New York City, Bill De Blasio non piace abitare alla Gracie Mansion, a lei piaceva abitare al Palazzo Senatorio in p.zza del Campidoglio?
“Palazzo Senatorio, a Roma, è solo la sede degli uffici del Sindaco. Io ho sempre vissuto nel mio appartamento… anche se trascorrevo più ore in Campidoglio che a casa!”