martedì 5 Novembre 2024
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Intervista esclusiva a Rino Formica: 2 – la crisi della Repubblica

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Proponiamo la seconda parte dell’intervista a Rino Formica, dopo “la politica estera“, in questo articolo ripercorriamo, con le domande del Direttore Sodano e del Prof. Pacelli, la crisi della Repubblica.

2 – la crisi della Repubblica

SODANO: Quando si cominciò ad avvertire lo “scricchiolio” del sistema politico?

FORMICA: Fu dopo la morte di Moro, quando il partito comunista non si poteva ritirare dal patto patriottico ma si ritirò dalla politica. Berlinguer non era in condizioni di poter ricollocare il partito comunista in una nuova strategia dopo l’esaurirsi del contesto internazionale ed il passaggio dalla democrazia incompiuta alla democrazia compiuta, la democrazia cioè dell’alternanza, poiché aveva il timore che l’alternativa portasse alla guida dello schieramento della sinistra i socialisti e non più i comunisti. Si arroccò su una posizione di sterilizzazione politica del partito comunista e spostò l’attenzione dalla politica alla moralità pubblica.

Rino Formica
Rino Formica

Per Berlinguer la diversità con i socialisti non poteva più essere una diversità politica, ma una diversità morale, di superiorità morale, antropologica. È il razzismo ideologico. Da questa situazione nasce il governo dell’83 e con Craxi ho uno scambio di idee su questa vicenda. Si trattava della posizione politica di De Mita e dell’accordo strategico da lui proposto, in base al quale la democrazia cristiana accettava l’alternanza alla presidenza del consiglio tra socialisti e democratici cristiani su un terreno di parità.

Io ritenevo che tra una forza politica con il 34% dei voti e una che ne aveva il 13% questo equilibrio non potesse esserci e che la governabilità diventava una trappola. Accettare un’alleanza strategica in cui la governabilità significava la necessità di essere garante di un accordo strategico con la DC era profondamente sbagliato.

Craxi riteneva invece che la guida socialista avrebbe avuto la capacità di scuotere il sistema operando uno sfondamento della rigidità moralistica del PCI: la sterilizzazione della politica da parte di Berlinguer, secondo Craxi, apriva la strada alla prevalenza del partito socialista nelle masse fino a quel momento guidate dai comunisti.

PACELLI: La tua ricostruzione è molto bella ma mi sembra che dovremmo guardare non solo quello che succede a sinistra ma anche le condizioni della DC che all’inizio degli anni ‘80 era un partito sfatto, non solo perché era morto Moro, ma perché aveva perso il referendum sul divorzio, che significava la vittoria dello Stato laico su quello confessionale: il patto sollecitato da De Mita con il discorso di San Ginesio, l’accordo con il PCI, erano saltati. Quando Craxi diventò Presidente del Consiglio a mio avviso, la DC giocava in difesa per bloccare il tentativo del PSI di essere la forza nuova. Incapaci di proporre una nuova libera politica, aveva l’unico scopo di bloccare il riformismo.

FORMICA:

Ogni partito ha le sue responsabilità, legate a quella che è la sua funzione politica. Il tuo ragionamento ha un senso visto in funzione della DC e dei rapporti con gli altri partiti. La Democrazia Cristiana la si deve vedere in funzione dello sviluppo di sé stessa. Il problema della DC era come si doveva difendere dopo la morte di Moro, dopo la fine della politica di unità con il partito comunista e di allargamento delle basi democratiche con il tentativo di cooptazione del PCI. Lo fece con la trappola della governabilità, offrendo al partito socialista di avere la guida del governo se accettava la politica della governabilità. Era una sorta di alleanza strategica, un vincolo permanente in cui PSI e DC potevano giocare la partita per governare senza che nessuno dei due potesse lasciare l’altro. E’ un meccanismo che oggi sta portando alla morte la Lega o il Movimento 5 stelle o entrambi, come si inizia a vedere nelle elezioni nei piccoli comuni.

Leggi l’intervista completa a Rino Formica.






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