di Raffaele Aragona
Si è letto sui quotidiani napoletani di qualche settimana addietro che l’assessore allo sport «ha fatto il punto della situazione sulle iniziative in onore di Maradona fermate dalla Procura». A parte le sue perplessità sulle questioni sollevate, bene a ragione, da quell’Ufficio a causa della presenza in commissione di persone non in possesso dei necessari requisiti, lo stesso assessore concludeva dicendo che «La statua di Maradona si farà, c’è l’idea di cambiare anche il nome del piazzale». Vi è da rimanere doppiamente sorpresi da tanta sicumera, dall’impegno e dalle attività manifestate senza il rispetto delle dovute procedure, senza parlare dell’ormai ex assessore alla cultura e del suo compagno a proposito dei rapporti di conoscenza con il tifoso ultrà presente in commissione: qualcuno che addirittura avrebbe espresso l’idea di sostituire la statua dell’Eroe dei due Mondi in piazza Garibaldi con quella di Maradona. Niente, naturalmente, a paragone di chi, a capo del consiglio comunale, a proposito della vicenda del murale dedicato al baby rapinatore, è giunto a “intimare” al Prefetto di pensare ad altro!
È divenuta cosa frequente assistere all’annuncio di iniziative interessanti luoghi pubblici; al di là della pretesa di erigere statue o altarini o murali in omaggio non a santi o eroi, ma a personaggi comuni, fossero anche calciatori famosi o artisti amati dal popolo e persino a giovani rapinatori, c’è ora anche chi pensa, in maniera più cólta, di ornare un luogo simbolo di Napoli come il Monte Echia con la statua di una sirena.
C’è chi si arroga con ciò il diritto di decidere da sé, in modo privatistico, sia pure in forza dell’appoggio di un comitato, sulla posa di un “monumento” in un luogo pubblico, scavalcando tutte le dovute procedure: la decisione degli organi amministrativi comunali, il parere della Commissione per il Paesaggio, l’approvazione da parte della Soprintendenza ai Beni Artistici. L’approvazione di cosa? Di un progetto di un’opera da affidare con un regolare concorso, come sarebbe d’obbligo, se proprio si sentisse la necessità di una sirena protesa lassù.
Si parla di una sirena in bronzo di dimensioni notevoli posta sulla sommità del monte Echia già deturpato e offeso da altre intrusioni, come quella dell’orrendo volume tecnico connesso a un ascensore di collegamento con la via Santa Lucia e sulla cui sorte si stenta a decidere qualcosa.
Della sirena (di dimensioni notevoli: 3,60 m su di una base in muratura con rivestimento in marmo di altezza 2,50 m.) non si comprende chi sia l’artista incaricato (da chi?), forse con l’ambizione di lasciare ai posteri la traccia di sé. Tutto ciò, si teme possa essere reso possibile da un’Amministrazione non cólta, ma còlta continuamente in flagranti manifestazioni di poco buon senso oltre che di senso comune. Una iniziativa del genere abbisogna di un progetto, un concorso, un comitato di esperti; senza tutto ciò si corre il rischio (certo) di aggiungere un’altra cosa stonata in questa meravigliosa città. Un’opera della quale non si comprende la ragione e che, naturalmente, è destinata a scomparire di fronte alle tante pregevoli raffigurazioni della sirena che già adornano tanti luoghi di Napoli.
Viene in mente l’orrenda statua di Madre Teresa di Calcutta all’incrocio di via Tasso con la via Aniello Falcone. Era il giugno del 2003 quando, quasi d’improvviso, in quello slargo altrettanto improvvisamente intitolato (con deciso sincronismo) a Teresa di Calcutta, i napoletani si trovarono dinanzi una brutta e scurissima statua raffigurante quell’albanese dalla sagoma esile conosciuta per le sue attività benefiche e di, almeno apparente, sollievo dei suoi malati (non era ancora stata canonizzata).
Poco tempo dopo, nello spazio antistante l’ingresso della Stazione “Materdei” della Linea 1 della Metropolitana di Napoli, spazio affidato all’architetto Mendini (quello del voluto restauro della Villa comunale), trovò posto una statua policroma di un contadino-pescatore la cui testa era infilata nella bocca di un pesce, una carpa? Forse sì, a lèggere il suggestivo… titolo dell’opera: Carpe diem !
E dire che l’autore non era uno sconosciuto, ma qualcuno alquanto noto che, evidentemente, in quell’occasione aveva voluto decisamente stupire.