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A volte la Storia aiuta a capire i fenomeni del tempo che viviamo: il trasformismo

In biologia è l’evoluzionismo. Nel dizionario “trasformismo” è quella capacità che ha una persona di mutare le proprie idee e le proprie posizioni a seconda del proprio interesse.
Nell’attività politica è una prassi fondata sulla ricerca di una maggioranza mediante accordi e concessioni a gruppi politici eterogenei, e talvolta a singoli esponenti di un partito avverso, allo scopo di…
Con riferimento alla politica post-quattromarzo, il termine sta a significare un’azione tesa ad assicurarsi una qualsiasi maggioranza o a rafforzare la propria parte, senza ricorrere ad un corretto confronto politico e senza alcuna coerenza.

Il fenomeno del trasformismo

Alla base del fenomeno politico del trasformismo c’è una vera e propria tradizione italiana: entra nel linguaggio politico italiano nel 1882 per definire, con chiara connotazione polemica, la politica inaugurata in quel periodo dall’allora presidente del Consiglio Agostino Depretis consistente nel formare di volta in volta maggioranze parlamentari intorno a singole personalità e su programmi contingenti, superando le tradizionali distinzioni tra destra e sinistra. Fece scuola e fu praticata a pieno titolo prima da Francesco Crispi e poi da Giovanni Giolitti con la concessione di favori alle consorterie locali in cambio del sostegno parlamentare ai loro governi.

A volte la Storia aiuta a capire i fenomeni del tempo che viviamo (studiarapido.it)

Alcuni storici collocano la nascita del fenomeno alla metà del XIX secolo con l’alleanza parlamentare dell’ala più progressista dalla maggioranza cavouriana con la componente più moderata della Sinistra che prese il nome di “Connubio”. A dire il vero fu una straordinaria iniziativa politica di Camillo Benso conte di Cavour che dette vita ad un’alleanza trasversale che condizionò il Re fino alla adesione al Risorgimento. Inoltre, con il Connubio, si determinò una forte coesione fra singoli gruppi all’interno del Paese spostando l’asse politico verso l’area centrale e moderata, eliminando gli scontri con le ali estreme e la loro incisività nello scontro politico.

Secondo l’analisi di Benedetto Croce, le condizioni che resero possibile il manifestarsi del trasformismo in Italia sono da rintracciare non soltanto nella debolezza strutturale che aveva portato la Destra storica al tracollo elettorale, ma soprattutto per la impossibilità di distinguere nitidamente la Sinistra dalla Destra.

La dialettica politica scade, osserva Croce, perdendo di pregnanza ideologica: le posizioni politiche divengono sempre più trasversali, le alleanze si fondano e si sciolgono, le coalizioni politiche si rivelano fragili, sempre soggette al ricatto di gruppi politici o addirittura di singoli parlamentari.
Con il l’ascesa al potere di Mussolini il trasformismo finisce in soffitta sostituito da una prassi politica fondata sul colpo di teatro: Gabriele D’Annunzio, battuto dal Duce al congresso dell’Augusteo, cerca la sua riscossa in piena aula di Montecitorio. Seduto fra i deputati fascisti nei banchi della destra, si alza e attraversa l’intero emiciclo per andarsi a sedere nei banchi dell’estrema sinistra. Della serie “tutto si crea nulla si distrugge” e anche questo modello entra di diritto nella storia della Repubblica.

Con la cosiddetta seconda Repubblica c’è una forte ripresa del trasformismo che in breve tempo diviene la pratica più radicata nella politica italiana. Ciò determina una evoluzione del fenomeno che, sostenuto da campagne scandalistiche e sospinto dal vento dell’antipolitica, accentua le proprie caratteristiche su larga scala fino a partorire “il populismo”, un’onda montante di paura di fronte alle angosce del presente capace di stravolgere non più un solo partito o una maggioranza parlamentare, bensì l’intero sistema politico.

È il brodo di coltura del movimento 5 stelle, né di destra né di sinistra, post-ideologico per definizione, post-politico nella realtà se è vero come è vero che non cerca alleanze, né coalizioni, né tantomeno vuole patti o accordi, ma soltanto e semplicemente contratti. E allora non basta più un’agenzia di marketing, ci vorrebbe un comitato di saggi o addirittura un partito. Ma alla fine meglio un notaio che certifica di conoscere ed essere certo della identità del convenuto signor Luigi Di Maio nominato “capo politico”.

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Mario Pacelli

Mario Pacelli è stato docente di Diritto pubblico nell'Università di Roma La Sapienza, per lunghi anni funzionario della Camera dei deputati. Ha scritto numerosi studi di storia parlamentare, tra cui Le radici di Montecitorio (1984), Bella gente (1992), Interno Montecitorio (2000), Il colle più alto (2017). Ha collaborato con il «Corriere della Sera» e «Il Messaggero».

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