Dopo aver passato un mese a discutere sul dividere gli scolari col plexiglass o farli entrare a scuola uno a uno nell’arco delle ventiquattr’ore, il Governo Italiano ora cerca di capire molto più semplicemente quando far rientrare a scuola questa masnada di poppanti.
Troppi problemi, rischi di contagio, professori sindacalizzati che invece di prendere in mano la situazione e con un colpo d’ala guidare il Paese verso un nuovo Rinascimento che parta dall’istruzione si concentrano invece ad attaccare un’insegnante che sprezzante del pericolo insegna agli alunni in un parco all’aperto! Apriti cielo! “Fa sembrare il corpo docente fannullone!”, viene tuonato.
Ecco, appunto.
Fosse per il Governo, il problema sarebbe già risolto: 50.000 precari assunti, tutti nuovi voti, e studenti a casa in eterno, tanto zero votanti.
E messo a posto il Contenitore, avanti con il resto del Piano, pardon con gli Stati Generali.
Alle prese ancora con una fase due di lenta riapertura, decide di riaprire le scuole prima dei pub. Pub mai chiusi nemmeno in tempo di guerra.
Anzi, di permettere a tutti, con ripartenze scaglionate partendo dai più piccini, di tornare in classe. Perché in effetti la Scuola mai aveva chiuso veramente. 225mila ragazzi andavano a scuola lo stesso, pur senza rispettare il programma di studi, per permettere ai genitori “al fronte” di combattere la Pandemia: figli di spazzini, medici, infermieri, pompieri, poliziotti, che non potevano assistere i piccini durante il servizio avevano un posto garantito da centinaia di maestri e maestre e da scuole pubbliche e private per poter assistere e seguire i pargoli.
Quindi, non riaprire ma ritornare tutti.
E per fare questo certo si guarda al contenitore, alle classi e ai suoi protocolli di sicurezza, ma non è la priorità.
Il Contenuto, non il Contenitore. O almeno non solo il Contenitore.
Certo anche in Inghilterra i Sindacati provano ad alzare la voce, preoccupati su sicurezza e infrastrutture da ripensare. Ma sono rumori di sottofondo. Per ora si va con forza verso il Contenuto.
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