Non c’è nessun superpotere che si possa cogliere a colpo d’occhio, nessuna forza sovrumana da esibire o da mettere in scena, ma soltanto un insieme di movimenti sempre misurati, scelte compiute con una precisione chirurgica e un’attenzione ai dettagli che, a tratti, sfiora la maniacalità.
Il lavoro del Brand Manager non consiste mai nel limitarsi al prodotto nella sua concretezza, perché il vero terreno su cui agisce è quello del significato che il prodotto assume, del valore simbolico che porta con sé e che deve essere custodito e rafforzato. È in questo spazio invisibile che diventa la vera custode della reputazione aziendale, l’architetta della percezione collettiva, la voce coerente e riconoscibile di un’identità che deve farsi notare, sedimentarsi nella memoria e resistere nel tempo.
Il suo alter ego perfetto non può che essere Catwoman, indipendente fino al limite dell’irraggiungibile, sfuggente eppure magnetica, capace di muoversi tra le ombre con un’ironia sottile e con il controllo assoluto di uno stile che non conosce cedimenti.
E proprio come Catwoman, anche la Brand Manager sa che la vera forza non sta mai nel volume o nel rumore, ma nella capacità di dosare ogni mossa, scegliere con cura ogni parola, calibrare ogni segno visivo affinché nulla stoni e tutto parli in armonia.
I suoi superpoteri aziendali?
La Brand Manager non si accontenta di “curare l’immagine”, orchestra emozioni, aspettative e identità aziendale con una disciplina ferrea e con un’immaginazione creativa che riesce a fondere rigore e fascino.
E se all’esterno tutto appare naturale, armonico e quasi spontaneo agli occhi del pubblico, è proprio perché dietro le quinte lei ha lavorato con la precisione ossessiva di chi sa che un brand è un equilibrio delicatissimo, che non ammette sbavature né dissonanze.
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