Negli Stati Uniti ci sono strade leggendarie. La Route 49 è una di queste. Serpeggia tortuosa lungo la base della Sierra Nevada, in mezzo a boschi e laghetti (in America le strade con numeri dispari corrono sulla direttrice nord-sud, mentre quelle contrassegnate da numeri pari seguono l’asse est-ovest).
La 49 deve la sua fama al fatto che è tracciata sull’antica via percorsa dai cercatori d’oro. Era il 24 gennaio del 1848 quando l’operaio di una segheria, di nome James W. Marshall, scorse per la prima volta il luccichio di alcune pietruzze di colore giallo nelle acque dell’American River. Si precipitò a dare l’annuncio al proprietario della segheria, John Sutter, un ex mercante svizzero che si era ritirato nel cuore della California, dove controllava un suo regno privato. Proprio in quei giorni il Messico vendeva agli Stati Uniti per 18 milioni di dollari tutto il Sudovest, dal Texas fino alla California.
Ci vollero alcuni mesi prima che la notizia dell’oro diventasse di dominio pubblico. Poi fu il delirio. Il 40 per cento dei soldati di stanza a Monterey strappò la divisa e disertò lanciandosi nella caccia all’oro. Il loro giovane tenente, William T. Sherman, diventava pazzo all’idea che fossero spariti per “andare alla ricerca di quella dannata roba”. In seguito, promosso generale, acquistò grande fama come sterminatore di indiani.
A est, sulla costa dell’Atlantico, la strabiliante notizia arrivò alla fine dell’anno. E subito eccitò gli appetiti di migliaia di avventurieri, professionisti, mercanti, preti, poveracci, che si lanciarono in una selvaggia corsa verso il West. Presero d’assalto il fiume American e gli altri corsi d’acqua che vengono giù dalle cime della Sierra Nevada: il San Joaquin, il Mariposa, il Merced, il Tuolumne. Gli scavi mostrarono che il filone d’oro andava dalla segheria di Sutter, a est di Sacramento, fin giù a sud di Mariposa. Lo spazio lungo cui adesso corre la 49.
La California diventò la terra promessa, il nuovo Eldorado, il Gold Country. Siccome la grande ondata dei cercatori d’oro arrivò nel corso del 1849, quei disperati furono poi battezzati Forty niners, e cioè Quelli del Quarantanove. In loro onore la strada porta lo stesso numero e a San Francisco gioca una squadra di football chiamata 49ers. Quest’anno si compiono 170 anni dalla folle corsa a caccia d’oro, che ebbe l’effetto di popolare la California e trasformare un posto acquitrinoso e irto di ben 29 colline nella città di San Francisco.
In tutti gli Stati Uniti i titoli dei giornali urlavano: “Oro, oro, oro nell’American River”. E solo pochi resistevano al richiamo. “La gente”, scriveva un giornale dell’epoca, “percorre il Paese ed estrae oro dalla terra qua e là, così come un migliaio di porci lasciati liberi in una foresta si sparpaglierebbero alla ricerca di radici e tuberi”. Partivano da New York, Boston, Chicago, dalla costa orientale e dai villaggi degli Stati del centro.
La febbre dell’oro svuotò alcune cittadine. Partivano con muli e cavalli caricando i loro averi, più il fucile, una pistola e gli strumenti di lavoro, pale, zappe, accette, picconi, setacci. Il viaggio era terribile e durava mesi. All’arrivo occorreva mettersi subito all’opera. I minatori passavano le giornate a lavorare col piccone, a far brillare mine e a setacciare la terra. Solo pochi fortunati erano ricompensati con pezzetti del nobile metallo, la maggior parte dei cercatori si dovette accontentare di qualche pagliuzza giallina. I grandi sogni di ricchezza sfumavano e quella fine crudele ispirò alcune canzoni. La più famosa era The lousy miner, letteralmente il minatore pidocchioso.
William Swain era un giovane andato in cerca dell’oro. Ci ha lasciato un diario sotto forma di lettere alla moglie. Partì da Youngstown, vicino alle cascate del Niagara, nell’aprile del 1849 e arrivò in California a dicembre. Si ritrovò in un mondo sconvolgente dove dominava la rapacità e la ferocia che l’oro può scatenare. Scrisse alla moglie: “Non ho mai visto un simile egoismo e una tale spaventosa brama di danaro. Dici ai miei amici di stare a casa. Dici ai miei nemici di venire qua”.
L’oro rese la gente selvaggia e violenta e San Francisco divenne per alcuni mesi teatro di orrendi crimini ai quali le autorità fecero fronte in puro stile western, con continue impiccagioni pubbliche. Per evitare il viaggio via terra, molti partivano con le navi, doppiavano Capo Horn, all’estrema punta argentina, e poi risalivano la costa con un viaggio di sei mesi. Solo dal Massachusetts nel 1849 partirono centoventiquattro gruppi, di cui ventidue (per un totale di 6.067 emigranti) scelsero di viaggiare per mare.
Alcuni personaggi con l’istinto degli affari compresero subito che quelle ondate di gente in movimento potevano diventare una formidabile fonte di guadagno. Il più svelto a capirlo fu John Butterfield. Chi era arrivato in California doveva scrivere alla famiglia, chi invece voleva partire aveva bisogno di un mezzo di trasporto. Butterfield organizzò servizi di posta e carovane di diligenze. Faceva pagare duecento dollari un biglietto da Memphis o St. Louis per San Francisco. Il record di velocità lo stabilì John Jay che guidò il carro postale da St. Louis a San Francisco in ventitré giorni e ventitré ore e mezza.
Nascevano fortune e imprese destinate a durare nel tempo. Henry Wells e William Fargo si misero a fare soldi a palate con un servizio postale espresso. E oggi la Wells&Fargo rimane una società potentissima che controlla banche, assicurazioni, immobili.
Un ebreo tedesco di 21 anni, Levi Strauss, cercava di sopravvivere a New York con piccoli commerci. Vide torme umane partire alla volta della California. Pensò di seguire la massa con la speranza di concludere buoni affari. Al suo arrivo, i minatori gli domandarono cosa vendeva. Lui disse di aver portato con sé una grossa fornitura di tela per fare tende. Credeva che i cercatori d’oro avessero la necessità di crearsi un riparo per la notte. I minatori lo delusero. Dissero: “Se portavi pantaloni era meglio”. Picconare e spalare terra era un’attività che metteva a dura prova i pantaloni rendendoli presto degli stracci laceri e inservibili. Bisognava rimpiazzarli con una certa frequenza. Il ragazzo era sveglio e non si perse d’animo. Se volevano pantaloni lui li avrebbe accontentati. Prese la tela blu per tende e cominciò a ritagliare lunghe strisce. Le cucì in modo da ricavarne due tubi in cui infilare le gambe e il gioco era fatto. I minatori ne furono entusiasti e lo sommersero di richieste. Quei pantaloni erano comodi e forti. Levi Strauss aveva fatto centro e divenne ricchissimo con i suoi jeans, diventati poi un fenomeno alla moda e un simbolo della cultura americana.
Morris Birkbeck, scrittore e agronomo inglese, aveva già capito tutto nel 1818, quando al termine di un viaggio nell’America di allora, scrisse: “Profitto! Profitto! Profitto! Profitto! Profitto! Questo è l’inizio, il centro e la fine, l’alfa e l’omega dei fondatori delle città americane”.
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