Quest’anno festeggio la data di un famoso viaggio in Italia, alla fine degli anni ’90, un periodo in cui il Paese ha vissuto l’assunzione di una notorietà come meta turistica mondiale, infatti, per me l’Italia è sempre stata la culla dell’Europa, in cui si poteva gustare la sua gastronomia in loco di fama mondiale in una bella e accogliente trattoria, e senza passare attraverso un programma televisivo culinario; l’eccellenza del design con tutto il rigore del dettaglio, e la cui qualità ha contaminato uno stile di vita urbano e sofisticato, il tutto in una meta turistica dove una folla di massa ancora moderata si è sentita in coda in sole 3 ore per entrare nelle gallerie degli Uffizzi a Firenze… ma non è tutto. L’Italia era allora il paese europeo che aveva la migliore preparazione nel settore turistico, che tutto il mondo voleva avere la possibilità di visitare, di poter ricordare un giro in gondola sui canali di Venezia, un tour delle strade del Laco di Como o la richiesta di un “I wish” nella Fontana di Trevi, la fontana più popolare di Roma, che i film della metà degli anni ’60 del cinema italiano hanno reso famoso.
Scherzo pratico: in italiano, “essere portoghesi” significa cercare di entrare senza pagare il biglietto. Certo, pochi conoscono la vera storia del 13 gennaio 1732, quando gli unici a cercare di entrare senza pagare erano i romani travestiti da portoghesi. Da allora, essere portoghesi significava fuggire per pagare il biglietto. È ora di spiegare agli italiani che non conoscono la verità.
Procediamo nel dettaglio. Giovanni V di Bragança era il re del Portogallo, una nazione potente e ricca grazie alle sue colonie africane e sudamericane, da cui estraeva oro e ogni tipo di metalli e pietre preziose. A quel tempo il protestantesimo dilagava in Europa e il Portogallo cattolico era particolarmente vicino al Papa di Roma. In quell’anno la famiglia Sforza Cesarini aprì il Teatro Argentina, ancora oggi in funzione, uno dei più importanti teatri lirici del mondo. Il re Giovanni V, la cui politica basata sulla cultura era conosciuta in tutta Europa, decise di offrire ai cittadini portoghesi residenti a Roma l’ingresso gratuito alla rappresentazione di Berenice, opera di Domenico Sarro. L’iniziativa non fu sorprendente, sia perché la politica di promozione delle arti rafforzò l’idea della potenza economica del Portogallo, sia perché la comunità portoghese era molto forte a Roma per il suo rapporto con il Papa. Così, quella sera, dichiarando di essere portoghese, si potè entrare gratuitamente in teatro. Sembra che i romani siano apparsi in massa dichiarando la loro cittadinanza portoghese e sembra che più di qualcuno, incapace di parlare una sola parola di portoghese, sia stato smascherato. Immaginate la scena di una folla di romani che arriva al teatro e si mette in fila per dichiarare: “Sono portoghese, sono portoghese…”
Per questo essere portoghese è ancora associato ad un mercante borghese medievale o a un furbacchione che evitava di pagare il biglietto d’ingresso o appariva non invitato a una festa, ma mi sono sempre sentito a casa quando viaggiavo per l’Italia, l’immersione in questo ambiente di glamour e raffinatezza è così distinta, che ancora oggi non è equiparata da nessun altro. Mi sono sempre innamorata dei campi toscani che mi ricordano tanto l’Alentejo del sud del Portogallo, la cordialità e il calore della gente che i portoghesi praticano ovunque, l’esagerato fanatismo di quartiere della celebrazione del Palio a Siena che mi ricorda il Santo António di Lisbona, l’esilarante bellezza delle acque dell’Isola d’Elba parallele alla costa sud dell’Algarve.
Perdonatemi se l’Italia vuole fare un parallelo tra Portogallo e Italia, ma non è questa l’essenza stessa dell’Europa? L’essenza di una democrazia dove la valorizzazione del destino europeo e dei valori che difendiamo sono la permanenza dei diritti umani e la lotta per la salvaguardia di un mondo che possiamo abitare con la valorizzazione delle sue risorse e della sua gente. Il mio amico Aldo di Russo e il suo forte lato europeo mi hanno insegnato a pensare più in grande del mio paese e da allora mi sento sempre più europeo e voglio portare questi valori europei in tutta la vita che vivo.
Oggi e dopo 2 decenni dal mio primo viaggio in Italia negli anni ’90, mi trovo di fronte ad una realtà molto lusitana (Luso, il popolo di origine portoghese che ha combattuto contro i romani), il cui epicentro è la città in cui vivo, in una Regione Turistica d’eccellenza, dove la centralità del culto della mistica templare dell’Ordine di Cristo, della Giarrettiera e della Cisterna garantiscono l’ambizione di un popolo che oggi abita questo ecosistema culturale e creativo. Non c’è concentrazione nel mondo, di nomine UNESCO così vicine e concentrate in un così piccolo pezzo di terra, qualcosa che nello spazio di 87 chilometri, nomina 6 comuni di fila, per questa distinzione di eccellenza.
Questo è quanto potrai ammirare in un prossimo viaggio in Portogallo, una delle destinazioni europee più popolari per viaggiare prima della chiusura e prevedere una ripresa quando la pandemia lo permetterà:
L’Autostrada A8 è la strada 66 nella parte occidentale del Portogallo, la spina dorsale delle persone che abitano la costa tra la capitale Lisbona e la mitica città di Coimbra, in realtà potrebbe avere un altro nome o non avere alcun nome o essere una qualsiasi altra regione. Comunque, voglio solo dire che anche qui la geografia è importante, ma ciò che conta a mio avviso è il modo in cui, fin dalla fondazione della nazione di questa terra di Lusa, le persone si sono concentrate in questa porzione di terra, persone così preziose da dare dignità a questo pezzo di terra per la loro differenziazione, al punto che in un brevissimo lasso di tempo, in un viaggio in auto di poco più di 80 chilometri, ci sono 6 nomination UNESCO (Biosphera, Città Creativa e Patrimonio dell’Umanità), che vengono assunte come luoghi di patrimonio di valore decisivo per l’Umanità.
Italia e Torino mi perdoni, ma per chi vuole conoscere l’autenticità e il valore del Portogallo, l’Occidente del Portogallo è il Cristiano Ronaldo del patrimonio dell’UNESCO. Ne avete voglia?
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