Al di là della prosopopea retorica che la ha accompagnata (non da parte del sobrio ministro del tesoro ma di altri) la decisione assunta ieri dal governo, seguendo il modello tedesco, è una decisione molto coraggiosa che può, nel breve periodo, contribuire in modo decisivo a evitare il collasso del sistema produttivo italiano. Ma è anche una scelta che presenta, nel medio periodo, forti rischi che possono essere ridotti solo con un rapido riavvio delle attività produttive.
In sostanza il governo ha deciso di utilizzare una parte consistente (circa 30 miliardi secondo il Sole24ore) dell’extradebito che le coperture europee ci consentono di acquisire (almeno per ora) a costi non eccessivi, al finanziamento di diversi fondi di garanzia generando, grazie all’intrinseco effetto leva (la garanzia effettiva è solo una frazione del credito concesso), un serbatoio di credito per le imprese di circa 400 miliardi.
I fondi di garanzia al credito sono uno strumento importante delle politiche pubbliche di promozione dello sviluppo. Io stesso, quando ho avuto responsabilità di governo regionali, negoziai con le organizzazioni datoriali e l’ABI una estensione e semplificazione di un analogo strumento regionale. Operativamente si traducono nel fatto che quando un’impresa ha bisogno di accendere un debito con una banca può farlo riducendo le proprie garanzie reali (sostituite da quelle offerte dallo Stato) e, in alcuni casi, indipendentemente dal proprio merito creditizio (il sistema formale che stima la capacità di ripagare il debito) e usufruendo di tassi particolarmente favorevoli. Usualmente questi strumenti vengono usati per favorire il finanziamento degli investimenti e per coprire i rischi connessi a transazioni internazionali.
Una caratteristica fondamentale dell’intervento annunciato ieri (oltre alle dimensioni e alla facilitazione delle procedure, di cui chiedo conferma agli amici più vicini alla vita quotidiana delle imprese) è che esso, a quanto pare, può essere utilizzato anche (e forse soprattutto) per finanziare le spese ordinarie (pagamento dei dipendenti e dei fornitori) che altrimenti le imprese -in questa particolare e drammatica situazione- non potrebbero sostenere a causa della caduta degli incassi dovuta al crollo delle vendite e/o al blocco della produzione. Questa caratteristica è fondamentale, perché evita il determinarsi di un circolo vizioso che trasferisce la crisi di un’impresa a tutte le altre e al contrario ne genera una virtuoso (i fornitori pagati possono continuare la loro attività e i dipendenti possono spendere rialimentando la domanda).
Tutto bene dunque? Nel breve periodo probabilmente si, è un intervento opportuno e, come detto, “coraggioso”. Ma la misura adottata non può che basarsi sul presupposto di una rapida ripresa delle attività produttive (o almeno della gran parte di esse). Infatti tra qualche mese le imprese che hanno acceso prestiti dovranno cominciare gradualmente a restituirli, se non lo facessero le banche sarebbero costrette (per non entrare a loro volta in crisi) a ricorrere alle garanzie. Queste sono molto consistenti, ma non infinite, e una corsa alla loro rivendicazione avrebbe effetti devastanti. Se invece la maggior parte delle imprese avranno ricominciato a produrre e vendere potranno impiegare parte dei loro incassi per cominciare a ripagare i debiti contratti e lo sforzo di garanzia pubblica potrebbe essere progressivamente concentrato su quelle attività che hanno maggiori difficoltà o tempi di ripresa più lunghi.
Io credo che il Governo abbia assunto questa decisione avendo alle spalle un piano per la ripresa delle attività in condizioni di sicurezza. O almeno me lo auguro.
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