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A poche settimane dal voto per le elezioni per i nuovi rappresentanti al Parlamento europeo la curiosità, attenuata dalla  noia che coglie sempre di più l’elettore, fa scorrere sempre più velocemente la mano sugli smartphone e sui social più comuni. Per chi volesse approfondire  nomi e temi,  ci sono pronti  i motori di ricerca, che il più delle volte si smarriscono nel niente o nella confusione, venendo meno a ciò per cui sono stati progettati,  scoraggiando il volenteroso futuro elettore.

Ma il mondo è cambiato, questo è il nuovo millennio e a cosa vale ricordare i tempi dei comizi in piazza dove un candidato poteva-doveva comunicare con le persone guardandole negli occhi e cercare di trasmettere loro una fiducia impastata di politica e umanità; doveva, insomma, conoscere i problemi della gente, del territorio, del proprio paese e del mondo più in generale.

Le parole,  le promesse, valevano l’onore di chi le usava e si sapeva che molto sarebbe dipeso da quanto fosse riuscito a convincere chi l’ascoltava. Oltre i leaders,  ogni candidato doveva convincere  uomini e donne a votarlo. Dimostrare di valere e meritare il “segno” sulla scheda elettorale.

Perché  quella che oggi viene definita “strategia comunicativa” altro non era che un peregrinare nel territorio di voto,  fra una riunione, un incontro, un comizio, luoghi di lavoro, dibattiti,  qualche spazio nelle radio, sezioni di partito  e per i più fortunati,  il sogno di una tribuna elettorale. Si poteva andare da una parte all’altra del proprio territorio di elezione e percorrere chilometri incrociando il Nord e il Sud intersecandosi con l’Est e l’Ovest anche in poche ore. Un voto non si poteva perdere. Cene e pranzi elettorali ma anche tanti panini ingurgitati.  Perché  i cittadini e i voti si raccoglievano, a costo zero, solo così.

Gli apparati dei partiti venivano impegnati, organizzazione e costi, nei grandi comizi dei segretari  in tante piazze. I candidati minori, spesso portatori di voti, sorridevano dai loro manifesti e santini appena usciti dalle tipografie di periferia, sfidando il cielo senza previsioni meteorologiche, senza paura per il caldo o per il freddo, tormentati dal timore di affrontare  piazze deserte, consapevoli che  il rischio valeva il senso e il valore di una candidatura.

E l’altra faccia della stessa medaglia, il votante, godeva anch’esso il suo momento di gloria e di rischio. A chi cercava voti, voti si promettevano, più santini si chiedevano più illusioni si vendevano. I santini erano ovunque. Nelle cassette della posta condominiale,  sui banconi dei negozi,  nelle case e nei cassonetti.

L‘agognato consenso si incrociava così tra chi lo vendeva, svendeva o ingannava. Il  peso del santino era sulla bilancia per verificare la corrispondenza tra il numero di voti ottenuti  e le promesse. E un voto può consentire il potere che può premiare o distruggere.

Vecchi schemi saltati e diminuiti i comizi, manifesti e santini. La campagna elettorale si fa sempre più solitaria, nessun bisogno di affrontare il contraddittorio diretto e la Rete che ci fa da tramite. Nei social dove tutti sono presenti, essendo assenti, i cittadini si raggiungono velocemente senza bisogno di spostarsi.

I sostenitori, diventati “followers”, possono millantare il proprio impegno. Con un click,  dieci, cento “like” si può fingere di mettere anima e corpo per la vittoria del candidato. In questo quadro suggestivo, muti e mutanti continuano il loro dialogo.
Messaggi personalizzati al cellulare, qualche taglia-copia- incolla del programma politico (smart) su Facebook,  l’immagini sbiadita del santino (tanto per fare finta di metterci la faccia) ed ecco la vetrina a buon mercato del bravo candidato. Commenti pochi, brevi, risposte assenti e tanti “like”.

Alcuni candidati si troveranno a vivere le frustrazioni di chi non dispone di mezzi e se la Rete, apparentemente, sembra favorirli la realtà tecnologica è pronta a smentirli.
Gli strumenti e le piattaforme di comunicazione social vanno sapute usare. I dati che si presentano di volta in volta vanno analizzati per capire come spostare l’attenzione virtuale e tramutarla in consenso elettorale. Per questo chi dispone di maggiori mezzi può rivolgersi a consulenti esperti del mondo digitale, nuovi professionisti esperti di comunicazione online.

Come sempre, nei secoli dei secoli, per vedere la semina, raccogliere i frutti, scartare i meno buoni, rendere la merce qualificata si dovrà attendere un po’ di tempo. Dopo le elezioni.

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Marta Ajò

Marta Ajò, scrittrice, giornalista, si è occupata di politica nazionale e internazionale, società e cultura. Proprietaria, fondatrice e direttrice del Portale www.donneierioggiedomani.it (2005/2019). Direttrice responsabile della collana editoriale Donne Ieri Oggi e Domani-KKIEN Publisghing International. Ha vinto diversi premi. Ha scritto: "Viaggio in terza classe", Nilde Iotti, in "Le italiane", "Un tè al cimitero", "Il trasloco", "La donna nel socialismo Italiano tra cronaca e storia 1892-1978”.

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