Coincidenze e misteri dello strano rapporto tra politica energetica e informazione e l’evitabile nomina di Lucia Calvosa alla presidenza dell’ENI.
Il 21 aprile, il Ministro del Tesoro, lo storico prestato all’economia Roberto Gualtieri, formalizza la nomina di Lucia Calvosa, docente universitaria pisana e consigliere di amministrazione de il Fatto Quotidiano, giornale indipendente di osservanza governativa diretto da Marco Travaglio, alla presidenza dell’ENI. In una straordinaria coincidenza, di 21 aprile nella storia dell’ENI, ce ne sono però almeno due.
Il primo è il 21 aprile del 1956: l’Italia degli anni cinquanta lavora, risparmia, pensa al futuro in grande ed è consapevole che una politica di sviluppo industriale debba essere sostenuta e affiancata da una strategia energetica che tuteli l’interesse nazionale. Ma la storia del 21 aprile inizia alcuni decenni prima. L’intuizione di agire direttamente nella politica energetica prende forma con il Regio decreto che nel 1926 istituisce l’Agenzia Generale Italiana Petroli, AGIP, un nome che diventerà presto familiare agli italiani.
Un’intuizione che serve anche a mettere una pietra sopra a uno dei primi misteri politico affaristici della modernità italiana; nel 1924, complice una liason storica tra la casa sabauda e il mondo anglosassone, l’allora Regno d’Italia aveva stipulato un accordo non propriamente favorevole con l’inglese Sinclair Oil per la ricerca e sfruttamento di giacimenti petroliferi italiani. L’accordo provoca forti reazioni in Parlamento, tra queste l’opposizione di Giacomo Matteotti, socialista, che annuncia di avere documenti inoppugnabili a prova della corruttela che ha animato l’affare e che annuncia di voler presentare alla Nazione il 12 giugno, in Aula. Non farà in tempo.
Nel pomeriggio del 10 giugno Matteotti viene rapito e ucciso, del suo omicidio Mussolini si assume ogni “responsabilità politica, morale e storica”, ne seguono una serie di dimissioni, il 26 giugno l’opposizione abbandona l’Aula e si ritira nella sala dell’Aventino liquidando, di fatto, il sistema parlamentare che, a breve, diventerà sostanzialmente inutile. Dopo due mesi, in un boschetto vicino a Riano, di Matteotti viene casualmente ritrovato il corpo, ma non la borsa che portava con sé e dove custodiva le carte che avrebbero a suo dire provato la corruzione dell’affaire Sinclair.
Una storia che somiglia tanto a quella della mai ritrovata agenda rossa del giudice Borsellino. Da quel 1926 e per decenni a seguire, la politica energetica italiana è fatta sostanzialmente di appuntamenti mancati, come dimostra non da ultimo l’evidente incapacità di mettere a sistema le risorse petrolifere sulle quali eravamo seduti in Libia. Ma i tempi cambiano.
Il punto di svolta è il 10 febbraio del 1953; la legge 136 istituisce l’Ente Nazionale Idrocarburi, l’ENI, nel quale confluiscono precedenti società energetiche statali come Agip e Snam. Sono gli anni in cui l’intervento dello Stato nell’economia non fa gridare quasi nessuno allo scandalo, salvo Confindustria, ma con ogni probabilità più per bandiera che per convinzione assoluta, visto che il sistema economico statale assicurava comunque un flusso consistente di commesse a beneficio dell’industria privata.
Da allora l’ENI segna il panorama economico, politico, sociale e culturale italiano; il cane a sei zampe della Supercortemaggiore, la potente benzina italiana come recitava il pay off pubblicitario dell’epoca, accompagnerà gli italiani sulle strade del boom economico fino al 1968, quando sulle insegne delle stazioni di servizio, insieme al cane a sei zampe, appare il recuperato marchio storico Agip, sintetico e più in linea con la comunicazione dei tempi che si profilano. L’uomo a cui il governo affida l’ENI è Enrico Mattei, il primo visionario presidente che sfida l’egemonia petrolifera anglo-americana delle cosiddette sette sorelle, una sfida che viene fermata solo dall’esplosione in volo del suo aereo nel cielo di Bascapè, vicino Pavia, il 27 ottobre del 1962; con lui muoiono il pilota Irnerio Bertuzzi, pluridecorato eroe dell’aria, e il giornalista americano William McHale.
Visionario ma pragmatico, Enrico Mattei aveva ben presente che ogni politica, anche quella energetica e industriale, deve creare e usare il consenso come leva di sviluppo, di posizionamento e di tutela dei propri interessi che, in questo caso, coincidono con l’interesse nazionale. La televisione irrompe nella vita degli italiani nel 1954, ci vorrà qualche anno ancora prima che ne diventi il punto di riferimento stabile e s’inizi a diffondere a sostegno dell’autorevolezza dell’informazione l’allocuzione “l’ha detto la televisione”, che tagliava di netto ogni querelle di autenticità.
L’informazione però, negli anni cinquanta, passa attraverso la radio, i giornali e i rotocalchi. La strada è obbligata, il 27 settembre 1955 Enrico Mattei fonda con Cino del Duca, socialista, poliedrico editore tra l’altro di Grand Hotel, rotocalco alle cui copertine illustrate si deve tanto immaginario italiano, la Società Editrice Lombarda e il 21 aprile 1956 esce il primo numero de Il Giorno, testata che dovrà controbilanciare l’informazione politico-industriale che Confindustria detta al suo 24 Ore oltre che ai principali giornali italiani. È un progetto ambizioso, Il Giorno ospiterà firme importanti, da Brera a Soldati, da Arbasino a Pasolini, inciderà profondamente sul sistema della rappresentanza d’interessi nell’informazione italiana e rimarrà di proprietà dell’ENI fino al 1997.
Settantaquattro anni dopo quel 21 aprile che vede l’uscita in edicola de Il Giorno, giornale dell’ENI voluto da Mattei, dal consiglio di amministrazione di un editore di un giornale, il Fatto Quotidiano, il governo pesca la nomina del presidente dell’ENI. Le date e i numeri raccontano tante storie, alcune singolari nella loro casualità e il 21 aprile nel rapporto tra ENI e mondo dell’informazione assume una portata quasi cabalistica. Chi è Lucia Calvosa, tra innumerevoli possibilità designata alla presidenza di ENI? Solido curriculum universitario alle spalle, è professore ordinario di diritto commerciale nella Facoltà di Economia dell’Università di Pisa, dove ha percorso tutta la sua carriera accademica insegnando anche diritto fallimentare, diritto privato e diritto bancario; una carriera il cui impegno non le ha impedito di dedicarsi ai numerosi consigli d’amministrazione in cui è stata nominata, in TIM fino al 2018, ma in precedenza, tra gli altri, in ABI, in Fondazione Cassa di Risparmio di Pisa e in Cassa di San Miniato, di cui è stata presidente.
In fondo collezionare momenti non preclude la possibilità di collezionare anche momenti professionali. Se a questo punto vi doveste chiedere dove rintracciare nel solido curriculum di Lucia Calvosa competenze inerenti la politica industriale, la politica energetica o la politica diplomatica, rinunciate: la risposta non c’è e quindi una vale l’altra.
Nel meandro dei misteri italici si aggiunge così la mancata risposta se basti per diventare presidente di un gruppo presente in 66 Nazioni al mondo, che nel 2019 ha fatturato 69.9 miliardi di euro, che impiega 32.000 dipendenti e che è impegnato in progetti di ricerca ed esplorazione nei quadranti geopolitici più delicati dello scenario internazionale esprimendo, di fatto, una diplomazia economica parallela a quella ufficiale, un solido curriculum universitario di natura giuridico commerciale. Ma forse è necessario mettere da parte il curriculum e usare la vista laterale, quella che al buio, guardando di lato, mette a fuoco quello che invece hai davanti. E di lato appare, nitido e invadente, il Fatto Quotidiano, giornale dedito alla censura di usi e costumi pubblici e privati, araldo del giustizialismo italico e del colpevolismo tout-court, con un direttore animatore di primissima ora dell’antipolitica e del birignao morale a tutti i costi.
Unitamente alla nomina di Lucia Calvosa a presidente, il governo per il tramite del Ministro del Tesoro ha confermato Claudio Descalzi amministratore delegato, lo stesso Descalzi che il 27 settembre 2019 il Fatto Quotidiano nella rubrica Giustizia e impunità informava i suoi lettori essere indagato insieme alla moglie dalla Procura di Milano per omessa dichiarazione di conflitto d’interessi in Congo, lo stesso Descalzi indagato nel 2011 sempre dalla Procura di Milano per una tangente da 1,1 miliardi pagata da ENI per una concessione in Nigeria, lo stesso Descalzi a cui il Fatto Quotidiano ha dedicato innumerevoli attenzioni per queste e altre vicende che riguardano la sua gestione.
La singolarità, quindi, non è solo nella data del 21 aprile, che settantaquattro anni fa vedeva l’ENI entrare nel mondo dell’informazione ed oggi l’informazione entrare nel mondo dell’ENI, ma nella straordinaria coincidenza che vede il Ministro del Tesoro designare alla presidenza dell’ENI una docente universitaria che non solo non risulta mai essersi occupata di politica industriale, energetica o diplomatica, ma che invece fortuitamente proviene dal consiglio d’amministrazione dell’editore de il Fatto Quotidiano, giornale che forse più di altri ha messo sotto la lente più o meno scandalistica il principale gruppo industriale energetico italiano e che, al tempo stesso, esprime oggi forse la più marcata posizione filogovernativa nel panorama dell’informazione italiana. Sarà interessante osservare quali deleghe saranno assegnate alla neo presidente dell’ENI, perché se è vero che spesso non sono particolarmente operative quelle riservate alla presidenza, è altrettanto vero che tra queste sono comprese quelle di rappresentanza, tra cui solitamente quella alla comunicazione e relazione esterne, materia delicata che non è sfuggita al sempre attento Fatto Quotidiano, che nella rubrica Ambiente e veleni dello scorso 25 febbraio titolava testualmente “Eni, il green washing della pubblicità ha superato ogni limite”.
Sarà quindi oltremodo interessante osservare il cambio di passo della gestione della comunicazione nel nuovo corso ENI, visto che la provenienza del nuovo presidente dovrebbe essere garanzia proprio di quella maggiore attenzione reclamata in proposito da il Fatto Quotidiano, così come è anche auspicabile sperare di poter vedere in trasparenza e confrontare con il recente passato quelli che saranno i flussi pubblicitari indirizzati dal nuovo corso verso un media piuttosto che un altro. Invece, per quanto riguarda la governance degli equilibri tra azienda, presidente e amministratore delegato, soprattutto nell’attesa delle evoluzioni giudiziarie che riguardano quest’ultimo, non rimane che comprarsi i pop corn e attendere qualche anticipazione del solitamente bene informato Fatto Quotidiano. Mettiamoci comodi, ne vedremo delle belle.
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