Categorie: Brava gente

Frittata der poveraccio

Il clima politico si sta arroventando e con la Redazione di questo giornale abbiamo ritenuto che la cronaca politica debba procedere di pari passo: il compito di farlo passa a Gaetano, detto Ghetanaccio, vecchio macellaio della Garbatella a Roma che ha studiato in seminario ed usa la penna un po’ come “er cortellaccio” con cui un tempo sgozzava i maiali. Io mi ritiro ad occuparmi della cucina romana della tradizione, e riprendo con la “Frittata der poveraccio”.

Il grande problema del popolo romano dell’ottocento era quello di usare i pochi quattrini a disposizione per alimentarsi nel modo migliore possibile, spendendo poco per mangiare cibi almeno sufficienti a mantenersi in vita.

A dire la verità il problema non era solo romano, tanto per fare qualche esempio i contadini veneti aggiungevano alla polenta come condimento i fagioli, ricchi di proteine vegetali, per sopperire alla mancanza forzata di quelle animali (la carne era molto più costosa). Una cosa simile facevano i contadini pugliesi quando condivano la cicoria bollita con la purea di fave secche a buon prezzo e buon contenuto proteico.

A Roma c’era la frittata der poveraccio

A Roma er poveraccio, specie quello che doveva trovare qualcosa di fortemente nutriente per riempire la pagnotta da consumare a pranzo al lavoro (spesso nella bottega artigiana), trovò una soluzione originale: una fetta di pane secco, tagliata a dadini conditi nell’olio per farne poi una bella frittata con le uova della gallina che razzolava nell’orto.

La frittata der poveraccio: pane raffermo, olio, uova. Pochi ingredienti ed a buon mercato per un pasto altamente energetico. Photo credit: Fidelity Cucina

I vantaggi erano molti, costava molto poco, era nutriente e teneva morbido il pane della pagnotta, impregnato dell’olio della frittata. La pagnotta stessa diventava bella saporita. Provare per credere!

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Mario Pacelli

Mario Pacelli è stato docente di Diritto pubblico nell'Università di Roma La Sapienza, per lunghi anni funzionario della Camera dei deputati. Ha scritto numerosi studi di storia parlamentare, tra cui Le radici di Montecitorio (1984), Bella gente (1992), Interno Montecitorio (2000), Il colle più alto (2017). Ha collaborato con il «Corriere della Sera» e «Il Messaggero».

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