Categorie: Brava gente

Giuseppe Conte e il Parlamento subalterno

Talvolta le dichiarazioni degli uomini politici suscitano consenso, altre volte dissenso, più raramente meraviglia dato che sembra ormai sia stato detto tutto, compreso il suo contrario: quelle del Presidente del Consiglio Conte, pubblicate sul quotidiano La Stampa di lunedì 24 dicembre, riescono ad introdurre un elemento di novità sul dibattito politico. “Avrei avuto senz’altro piacere di lasciare un più ampio margine di discussione sulla manovra al Parlamento, ma non è stato proprio possibile” afferma il Prof. Conte, mostrando di avere così un’idea molto originale della democrazia parlamentare, in cui da sempre il Parlamento, espressione della sovranità popolare, è il polo centrale del dibattito politico, titolare della funzione legislativa, che esercita in base alle norme costituzionali ed a quelle dei propri regolamenti.

Il Prof. Conte mostra invece di ritenere che il Parlamento discuta i provvedimenti del Governo e che spetti al Governo non solo i tempi della discussione ma anche quanto essa debba durare nel sul complesso. La Costituzione, i regolamenti parlamentari, i principi della democrazia rappresentativa tra cui quello di dibattere in parlamento, luogo in cui possono essere rappresentate le diverse opinioni politiche, non esistono: le camere del Parlamento si debbono accontentare di quanto loro consentito dal Governo. “Avrei potuto fare di questa aula sorda e grigia un bivacco per i miei manipoli” affermò più di 90 anni fa nell’Aula di Montecitorio un Presidente del Consiglio che si chiamava Benito Mussolini e che aveva idee analoghe a proposito della utilità del dibattito parlamentare: non aggiunse che gli avrebbe fatto piacere che esso esistesse, forse perchè in fondo era un timido, ma l’angolo di visuale è più o meno quello di oggi.

Stando così le cose ben si comprende l’indignazione di molti senatori, anche della maggioranza, per quanto avvenuto nella notte di sabato 22 dicembre, quando l’Assemblea ha dovuto votare una legge complessa come quella di bilancio di cui aveva conosciuto il testo appena qualche ora prima, successivamente modificato dallo stesso governo; analogamente a Montecitorio il 29 dicembre successivo, con un Governo nel caos più assoluto e fermo solo nella decisione di imporre la sua volontà, l’Assemblea ha votato un provvedimento di cui non aveva nemmeno potuto conoscere il testo in tempi congrui e senza che venissero neppure esaminati i suoi emendamenti.

Il Governo attuale, è stato detto molte volte, è un governo di improvvisatori, ma di improvvisatori pericolosi per la democrazia: la decisione del Partito Democratico di sottoporre alla Corte Costituzionale la questione del rispetto o meno della Costituzione a proposito della discussione della Legge di Bilancio è più che motivata. Qualunque sarà la decisione della Corte, il ricorso servirà almeno a costringere il governo a mettere la faccia sull’attacco al Parlamento ed a rendere ancora più evidente di quanto già non lo sia agli elettori quanto poco per il Movimento 5 Stelle e la Lega valgono le regole della democrazia.

Siamo su una strada in discesa: speriamo di fermare in tempo la scivolata verso il precipizio, non solo quello economico ma anche quello del regime democratico del nostro paese.

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Mario Pacelli

Mario Pacelli è stato docente di Diritto pubblico nell'Università di Roma La Sapienza, per lunghi anni funzionario della Camera dei deputati. Ha scritto numerosi studi di storia parlamentare, tra cui Le radici di Montecitorio (1984), Bella gente (1992), Interno Montecitorio (2000), Il colle più alto (2017). Ha collaborato con il «Corriere della Sera» e «Il Messaggero».

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