Categorie: Brava gente

Giuseppe Conte e la “fanfara de l’educatorio”

Il popolo non ha molti amici: è un’antica verità che trova puntuale conferma nella società contemporanea. I ricchi, i potenti, quelli che un tempo si definivano signori per distinguersi dai poveracci, hanno lo sguardo rivolto altrove, rispetto alle esigenze dei disoccupati, di chi ha come unica risorsa una modesta pensione sociale, di chi deve accontentarsi dei proventi del lavoro nero a poche centinaia di euro al mese. Brava gente, ma fino ad ora troppo spesso dimenticata, senza che qualcuno facesse veramente sentire le sue ragioni nelle stanze in cui si esercita il potere.

E’ stato dunque con molto sollievo ed altrettanta speranza che il popolo italiano ha saputo di avere finalmente un avvocato, addirittura un esimio professore di diritto che ha iniziato, a quanto sembra, la sua vita accademica all’Università di Caserta, dove i Re Borbonici avevano una splendida reggia, e dunque deve essere una accademia d’eccellenza del sapere. Si tratta nientemeno che del Presidente del Consiglio che nel suo discorso programmatico alle Camere del Parlamento si è definito “avvocato del popolo”, novità assoluta nella storia politica e parlamentare italiana. Nemmeno Benito Mussolini, che pure di populismo se ne intendeva, era arrivato a simili dichiarazioni.

Il popolo è stato molto felice, chi meglio di un signore che nel 2017 ha dichiarato un reddito imponibile annuo di circa 393.000 euro poteva essere a conoscenza della grama vita di tanti strati della società italiana? Chi meglio di un professore di diritto che il giorno dopo del crollo del ponte Morandi a Genova proclamò che sarebbe stata subito revocata la concessione alla società Autostrade, anche se poi a quanto si legge a distanza di qualche mese è stata solo recentemente inviata una contestazione alla società, come previsto dalle norme vigenti? Difficile dire il perchè di quella quantomeno affrettata dichiarazione dell’avvocato del popolo, che in materia di concessioni autostradali dovrebbe avere una vasta culura, essendo stato in tribunale a tutelare gli interessi dell’associazione delle società concessionarie di autostrade. Forse si è trattato di una distrazione, chi ha quasi 400.000 euro di reddito annuo imponibile (circa 190.000 netti) è pure molto occupato a spendere tutto quel denaro in macchine di lusso e qualche altra piacevolezza. Non si può umanamente passare tutta la giornata a difendere il popolo: l’importante è che esso sia soddisfatto.

Per quanto tempo ancora non si sa: certo è che merita il plauso popolare se non fosse perchè da Presidente del Consiglio percepisca solo meno di 7.000 euro al mese, un’inezia rispetto al suo reddito abituale. Una modesta proposta: perchè non assumere una qualche iniziativa che consenta al popolo di corrispondere al suo avvocato la somma necessaria per ripianare il suo bilancio.

E’ da rifletterci seriamente: certo è che, come nel sonetto di Trilussa “Er core der popolo” il popolo se glielo chiedessero probabilmente direbbe: “me ne glorio – e j’annerebbe incontro alla stazione – co’ la fanfara dell’educatorio”. Staremo a vedere.

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Mario Pacelli

Mario Pacelli è stato docente di Diritto pubblico nell'Università di Roma La Sapienza, per lunghi anni funzionario della Camera dei deputati. Ha scritto numerosi studi di storia parlamentare, tra cui Le radici di Montecitorio (1984), Bella gente (1992), Interno Montecitorio (2000), Il colle più alto (2017). Ha collaborato con il «Corriere della Sera» e «Il Messaggero».

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