Gilberto Benetton, il Presidente della società Autostrade è morto stroncato dalla leucemia, qualche mese fa era morto suo fratello.
Il 14 Agosto crolla il ponte Morandi a Genova: sul banco degli imputati è la società autostrade che non avrebbe curato la manutenzione del ponte. I magistrati decideranno chi è responsabile della morte di 43 persone. La reazione dell’opinione pubblica è molto dura, sono chiamati in causa i vertici della società, Presidente compreso. I giornali riportano nei giorni successivi la notizia di una riunione conviviale svoltasi il 15 agosto presso l’abitazione di Gilberto Benetton, con la partecipazione di tutta la famiglia. Esecrazione unanime: i Benetton passano allegramente il ferragosto con i morti ancora da sotterrare. Gli interessati tacciono: subiscono e tacciono. Potrebbero dire che dopo un lutto recente quella riunione di famiglia era un’occasione per un ultimo saluto ad un altro dei quattro fratelli che è ormai vicino alla fine: tacciono e la riprovazione aumenta. L’orgoglio di essere forse la famiglia più ricca d’Italia proibisce loro di dialogare con le persone qualsiasi.
Gilberto muore: nessuno esprime un minimo di rammarico per quell’indignazione alimentata dall’orgoglioso silenzio: i Benetton sono ricchi e potenti. Hanno sbagliato a tacere o ha sbagliato chi ha gridato allo scandalo? E’ difficile, molto difficile rispondere alla domanda. L’orgoglio della razza padrona contro il pregiudizio della sua colpevolezza di tutti i mali del mondo è la sintesi di quanto avvenuto.
Gilberto Benetton era figlio di un modesto immigrato in Libia, ed aveva creato un’azienda con 100.000 dipendenti, senza avere nemmeno la licenza della scuola media inferiore: ha fino in fondo mantenuto intatto tutto l’orgoglio del successo, anche contro chi gli opponeva il pregiudizio sui ricchi e potenti. La vicenda è di quelle che lasciano l’amaro in bocca.
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