“Dietro ogni formaggio c’è un pascolo d’un diverso verde sotto un diverso cielo. Questo negozio è un museo: il signor Palomar visitandolo sente, come al Louvre, dietro ogni oggetto esposto la presenza della civiltà che gli ha dato forma e che da esso prende forma” (Italo Calvino).
Il supplemento finanza di REPUBBLICA ha pubblicato una inchiesta sullo stato dell’arte del sistema della Grande Distribuzione Organizzata nel nostro Paese arrivando alla conclusione che è in atto una ristrutturazione dell’intero comparto e un rinnovamento delle singole imprese. Ma il vero problema è che il sistema si è inceppato, accumulando un notevole ritardo nella competizione con i nuovi soggetti della distribuzione come Amazon non avendo per tempo capito la portata rivoluzionaria della rete. Inoltre si sono dimostrate fragili difronte alla recessione, incapaci di adeguare le proposte di vendita alle difficoltà economiche delle famiglie e alla nuova sensibilità del consumatore.
Il management delle aziende della GDO hanno ritenuto che in un’epoca in cui tutto dovesse costare sempre meno anche le aspettative sulla qualità fossero diminuite. Da ciò la scelta dei discount in cui si compra ciò che costa meno indipendentemente da come e da cosa è fatto. È stato il successo di un imprenditoria cheap nel doppio senso di poco caro e di scadente. Una strategia che ha coinvolto una industria agroalimentare “intraprendente” che ha sfruttato ogni nuovo brevetto per far crescere il profitto immettendo sul mercato nuovi prodotti senza badare troppo per il sottile alla qualità e alla salute del consumatore. Per questa strada sul mercato troppo spesso ha vinto il prezzo sulla qualità.
Superato il guado della recessione e della sua onda lunga, le insegne più avvedute hanno cominciato ad operare tenendo conto delle novità che intanto sono emerse: il turismo gastronomico e il kilometro zero, un consumatore più attento alla sua salute, la crisi degli iper e dei centri commerciali, il ritorno al negozio di vicinato. Ma non basta. Oggi le informazioni arrivano al consumatore in modo frammentato e parziale, mentre nel supermercato i prodotti dovrebbero raccontare la loro storia. Le etichette intelligenti dovrebbero contenere tutte le informazioni subito disponibili per il cliente. Oppure ci sarà lo scaffale interattivo che racconterà la storia dei prodotti esposti, mentre in alcuni spazi i produttori potranno usare il supermercato come luogo della rappresentazione e un totem consiglierà le ricette del giorno e i prodotti (in promozione) necessari per realizzarle.
Molto spesso quanti lavorano in un supermercato tendono a credere che l’unico dovere che hanno è quello di vendere. Ma spesso non conoscono il prodotto che devono vendere e non sentono alcuna responsabilità nei confronti della assicurazione della qualità. In definitiva nella loro attività di vendita non tengono conto degli interessi dei clienti e non si occupano di far incontrare gli interessi dei clienti con quelli del produttore.
Il vangelo sembra essere raggiungere gli obiettivi di vendita. Ma il vero problema è il deficit di marketing. Quando parliamo di marketing l’immagine che viene subito alla mente è quella della gestione di una attività economica a beneficio dei consumatori e di conseguenza ci sentiremo spronati ad andare oltre il concetto di vendita individuando le sfide che l’azienda ha davanti a se.
Spesso si ha l’erronea convinzione che il problema della qualità sia un problema del produttore. È l’azienda di distribuzione che deve promuovere delle audit sulla qualità per scegliere i propri fornitori. È la direzione marketing che deve individuare i bisogni dei clienti, cogliere le tendenze, scoprire il desiderio dei consumatori e tradurre bisogni e desideri in idee. Questa è la qualità del marketing. Ieri era utile, oggi è determinante. Ieri necessaria, oggi indispensabile. Perché è urgente cambiare.
Si parla sempre di crisi, e quindi di ripresa. Si parla di recessione, e quindi di sviluppo. In realtà siamo a un tornante della storia, ciò che abbiamo vissuto non si ripeterà. Siamo entrati nell’epoca della slow economy, della crescita lenta. Cambiano gli stili di vita, le abitudini, le mode, le tendenze. Continueremo a consumare, ma già oggi consumiamo in un modo diverso. I consumi alimentari sono calati del 10% dal 2007, ma i consumatori non hanno rinunciato alla qualità. Hanno ridotto gli sprechi, ma continuano a mangiare bene.
Dopo compri quello che mangi di Oscar Farinetti, la nuova generazione dei supermercati dovrà essere lo spazio dell’acquisto che è anche luogo dell’incontro. E se il prodotto torna ad essere al centro dello spazio, il supermercato è anche luogo dell’informazione: allora il mercato dei prodotti torna ad essere centrale nella vita della città.
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