Ci stanno avvelenando. A causa di una spaventosa diffusione delle droghe stanno modificando i comportamenti sociali. E’ una tragedia vera. Ma se ne parla poco.
Non c’è ancora la consapevolezza che il veleno contagia tutti noi, perché il consumo di cocaina, di eroina e del micidiale fentanyl non riguarda soltanto chi ne fa uso. Riguarda tutti. Noi ne subiamo gli effetti. La dipendenza dalla droga spinge a commettere le più turpi nefandezze allo scopo di procurarsela. Ci sono famiglie devastate a causa di uno dei famigliari schiavo degli stupefacenti. Nascono bambini ammalati, intossicati dagli stupefacenti usati dalle madri.
Chiunque di noi può rimanere coinvolto in episodi drammatici provocati da consumatori di droga. Le persone che abitualmente si drogano manifestano un comportamento alterato. Le loro reazioni nei rapporti umani sono imprevedibili. Se guidano un’automobile spesso provocano incidenti gravi. Quasi tutti i delinquenti, ladri, rapinatori, si imbottiscono di droga per sentirsi invulnerabili e assumono una personalità estremamente violenta.
Ma forse l’aspetto più pericoloso e inquietante è che molti personaggi con incarichi di grande rilievo usano droga, soprattutto cocaina. Ci sono membri del Parlamento che agiscono e prendono decisioni sotto l’effetto esaltante della cocaina. Prendono decisioni che influiscono su ognuno di noi. Insomma giocano sulla nostra pelle. Da alcune ricerche scientifiche risulta che numerosi esponenti dell’alta finanza sono abituali consumatori di droghe. E non si esclude che una buona parte delle cause delle crisi finanziarie sia dovuta proprio alle loro scelte, alle loro iniziative intraprese sotto gli effetti eccitanti della cocaina.
Le mafie internazionali rovesciano verso i Paesi europei carichi enormi di cocaina. Secondo le stime degli organismi antidroga negli ultimi dodici mesi è arrivata nelle città europee una quantità record di 200 tonnellate di cocaina con un aumento del 168 per cento in più rispetto ai dodici mesi precedenti. I trafficanti si avvalgono di doganieri compiacenti e di sistemi collaudati per occultare la merce. Ci sono rischi, naturalmente, ma la posta in gioco è talmente alta che i trafficanti non sono per nulla scoraggiati: pensate che quelle 200 tonnellate di cocaina fruttano almeno 300 miliardi di euro.
Raramente un carico viene intercettato dagli agenti, ma quando questo avviene ci si rende conto dei volumi enormi di merce, si ha un quadro impressionante di cosa è diventato il mercato della droga. Basta considerare due sequestri messi a segno negli ultimi mesi. A Gioia Tauro sono stati scoperti ben 1200 chili di cocaina, per un valore di 250 milioni di euro, nascosti in mezzo a un carico di banane. A Genova è avvenuto il sequestro di 2 tonnellate di cocaina a bordo di un mercantile colombiano.
Le rotte italiane dei trafficanti puntano verso Gioia Tauro, Livorno e Genova. In Spagna i porti attraverso cui passa la droga sono Algeciras, Valencia e Barcellona. Più a Nord le destinazioni degli sbarchi sono Rotterdam e Anversa.
Negli Stati Uniti l’abuso di droghe miete un numero spaventoso di vittime, nel corso di quest’anno sono morti circa 70 mila americani per consumo di eroina. Secondo un’inchiesta della Pew Research Center, quasi il 90 per cento delle persone negli Stati Uniti la considera una vera emergenza nazionale. Il presidente Trump ha detto di voler assimilare il traffico di droga al reato di terrorismo. In effetti è come attentare alla sicurezza di una nazione avvelenando i suoi cittadini.
Alla fine degli anni Settanta del secolo scorso, John Le Carré aveva scritto uno dei suoi romanzi di spionaggio, The honorable schoolboy, in cui descriveva proprio un tentativo di destabilizzare uno Stato avvelenando la popolazione con massicce dosi di droga.
A metà degli anni Cinquanta, il senatore americano Estes Kefauver condusse un’inchiesta su quella che lui definiva “delinquenza organizzata”, vale a dire la mafia che a qual tempo era rappresentata da siciliani emigrati. Kefauver non riuscì a trovare le prove per incriminare i mafiosi ma decise ugualmente di buttarli fuori degli Stati Uniti dichiarandoli “indesiderabili”. Fra gli indesiderabili restituiti all’Italia c’era Frank Coppola, detto Frank tre dita. Morì a Roma nel 1982. Pochi mesi prima aveva accettato di parlarmi. Disse che i vecchi di un tempo avevano un codice d’onore ed evitavano di mettersi nel mercato della droga. “Poi – aggiunse – sono arrivati i nuovi che vogliono guadagnare molto e subito e si sono gettati a capofitto su quella roba cattiva”.
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