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La fabbrica dei santi

“Entro in chiesa a Dubrovnik, Croazia. E cosa vedo? La nostra Madonna. Nostra, nel senso che quella statua l’abbiamo realizzata noi in laboratorio”. Sabrina Rigione è titolare di una fabbrica di santi. Ha un capannone di 500 metri quadri nel cuore di Napoli, dove nascono le statue destinate alle chiese di mezzo mondo.

L’Italia è il più grande produttore di arte sacra. Il made in Italy religioso non ha rivali. Ci sono ben due fiere dedicate alle creazioni di oggetti sacri. La prima e ormai storica, Koiné, si svolge ogni anno a Vicenza. Uno degli organizzatori, Paolo Audino, dice che “gli espositori sono circa 250”. L’altra fiera, Devotio, nata di recente, si tiene a Bologna. “All’edizione del 2019 – racconta Valentina Zattini, responsabile dell’organizzazione – sono arrivati 176 espositori. Alla prossima fiera contiamo di superare i 200”.

C’è grande richiesta di statue di santi. “Ma l’immagine del santo – secondo Angelo Maria Alessio, teologo, consulente scientifico di Koinè – è ferma a un modello antico. Perciò raccomandiamo ai produttori di statue di realizzare santi moderni, con un volto gioioso e con oggetti più idonei al nostro tempo. Vedo che il mercato si adegua”.

Lo conferma Giuseppe De Carolis, proprietario di una fabbrica a Scafati, in provincia di Salerno. “Cerchiamo di stare al passo coi tempi. Curiamo le posture, le espressioni del viso, scegliamo i colori e lo stile più opportuno degli abiti. Tutto fatto a mano”.

De Carolis produce statue gigantesche. Per una chiesa di Agropoli, nel Cilento, ha creato una Madonna di Portosalvo, protettrice dei marinai, alta tre metri. Ma quella che più lo riempie di orgoglio è una Madonna Setteporte. Prende origine da Rocca di Neto, paese in provincia di Crotone, dove nel 1460 un despota locale compiva orribili soprusi. Per difendersi, la gente invocava un intervento divino. Qualcuno cominciò a dire: “La Madonna mi ha aperto una porta”, cioè mi ha fatto la grazia. Furono sette a ripetere quella frase. Ora, a New York, nel quartiere di Glen Cove, una comunità di emigrati calabresi desiderava una Madonna Setteporte da venerare. De Carolis gliel’ha fatta alta due metri e venti. Un’opera di questo tipo può costare fino a 30 mila euro.

Giuseppe Stuflesser, 71 anni, di Ortisei, in Alto Adige, le sue statue le fa in legno. “Uso legno di tiglio e cirmolo, che sarebbe il pino alpestre. La mia famiglia produce statue sacre dalla fine dell’Ottocento. Da qualche parte nella Santa Sede ci sono due statue e un altare fatti da mio padre”. Per un Padre Pio di un metro e ottanta ci mette non meno di due mesi. Il costo va oltre i 10 mila euro. Gli acquirenti sono soprattutto chiese del Sud, Sicilia, Puglia e Sardegna.

Grandi statute, ma anche molte statuine dai 20 centimetri in su vendute nei negozi di oggetti religiosi o direttamente dalle parrocchie. “Piacciono molto agli americani”, dice Simona Servadio, che lavora per la Savelli, una rivendita storica con vari negozi a Roma.

Le fabbriche di santi hanno cataloghi e offrono merce online. “Da quando è cominciata la crisi del virus – dice la napoletana Sabrina Rigione -, è aumentata la richiesta di statue della Madonna di 50 centimetri. Segno che i fedeli, non potendo frequentare le chiese, le vogliono tenere in casa per raccogliersi in preghiera”.

Nell’Ottocento uno scultore di Taggia, in Liguria, di nome Salvatore Revelli, realizzò una Madonna col manto celeste che fu posta nella chiesa del comune ligure. Secondo i fedeli, quella statua muoveva gli occhi. La cosa arrivò al papa Pio IX, il quale classificò l’evento come miracoloso. Da allora quella statua è diventata l’immagine ufficiale della Madonna, viene riprodotta da varie fabbriche di santi ed è conosciuta come la Miracolosa. Una sua riproduzione alta un metro e sessanta non si compra per meno di 15 mila euro.

Si copiano anche antiche statue. Un san Michele Arcangelo del ‘700 in legno e cartapesta era danneggiato. “Abbiamo fatto una copia perfetta con scanner in 3D, la si può ammirare a Monte Sant’Angelo (Foggia)”, racconta Massimo Lucci, titolare di un’azienda a Isola del Gran Sasso (Teramo).

La vendita diretta dalla fabbrica all’acquirente è rara. Se ne occupano i rivenditori che hanno rapporti con sacerdoti e vescovi in tutto il mondo. Offrono i prodotti delle aziende ma spesso sono loro stessi a ordinare quale tipo di statua vogliono. Uno dei più attivi si chiama Enrico Monticelli. Vive a Toronto, in Canada, e ha una clientela ramificata in vari Paesi. Personaggio estroverso dotato di una vena artistica, disegna personalmente i soggetti. Alla ditta Rigione di Napoli ha fatto realizzare una Madonna coi lineamenti orientali destinata a una chiesa in Cina. Ha venduto una Madonna di Medjugorje a una chiesa australiana. E un angelo da lui disegnato, alto due metri e settanta, accoglie i parenti dei defunti all’ingresso del cimitero di Sidney.

“La statua di un santo – ritiene Enrico Massetti -, va inserita in un contesto idoneo. Voglio prima capire in quale chiesa va collocata. Se l’edificio è in stile antico, suggerisco una statua classica, se invece è una costruzione moderna bisogna orientarsi verso un’immagine più adatta”. Massetti ha una delle più grandi rivendite di oggetti sacri a due passi dal Vaticano. Riceve i prodotti di un centinaio di fornitori e può offrire ben 7 mila modelli di statue. Insieme con sua madre Margherita ha rianimato un’antica azienda denominata Fabbrica di statue religiose, che si trovava proprio davanti alla piazza di San Pietro e fu rasa al suolo quando Mussolini fece spianare via della Conciliazione.

Si è rivolto a Massetti padre Jozo Zovcko, il testimone delle apparizioni di Medjugorje. Voleva una bella statua della Madonna da collocare sul luogo divenuto meta di pellegrinaggi. Massetti l’ha fatta realizzare dalla Società italiana arte sacra, che ha un laboratorio sulla via Appia. Ora si trova nella chiesa di Tihalijina a Medjugorje. E’ alta un metro e ottanta, in vetroresina con occhi di cristallo.

Paolo Brosio, convinto fedele della Madonna di Medjugorje, ha chiesto più volte a Massetti di parlargli di quella statua. “Voleva sapere se le avessi visto fare qualcosa di particolare. Gli ho sempre risposto che l’ho vista fare la statua, cioè stava immobile. Voleva fare lo scoop. Ma io non faccio questo lavoro solo per ragioni commerciali. Lo faccio anche perché sono credente e penso che le immagini sacre non devono essere considerate come una sfilata di moda, ma vanno intese come aiuto alla preghiera”.

Quasi in ogni Paese estero si può trovare una statua arrivata dall’Italia. A Santa Clara di Cuba svetta un Giovanni Paolo II alto due metri e venti, in vetroresina e rifinito in bronzo. Nel Benin, in Africa, la Demetz art studio della Val Gardena ha venduto un Cristo Redentore in fibra di vetro alto sei metri. E un suo San Francesco col lupo alto tre metri e dieci in marmo bianco di Carrara si eleva davanti al Marian Medical Center, in California. La Nigeria compra soprattutto statue della Madonna. Il Canada predilige figure angeliche, il Giappone chiede statue del Cristo. A Verona, lo studio Progetto arte Poli crea splendide statue in bronzo, come la Maria Vergine Assunta collocata a Selargius, in Sardegna, e un monumentale san Giovanni Paolo II ospitato in Cile.

In alcuni Paesi musulmani sopravvivono piccole comunità cristiane che si fanno arrivare una statua della Madonna o del loro santo protettore. Di solito il carico viene classificato come aiuti alimentari per non urtare la suscettibilità delle comunità islamiche.

Il Martirologio Romano, libro liturgico, elenca tutti i santi riconosciuti dalla Chiesa, sono circa 10 mila. I primi santi furono creati nel IV secolo. Il mondo dei pagani era popolato di dei. I santi segnarono un passaggio lento e non traumatico da una religione all’altra. Poi, però, nel 726 scoppiò la controversia nota come iconoclastia, una vera e propria guerra contro la rappresentazione figurativa degli esseri divini.

La questione fu discussa nel 787 durante il secondo concilio di Nicea. Il culto delle immagini fu riabilitato stabilendo che a Dio è dovuta l’adorazione e ai santi la venerazione. Può sembrare una bizzarria dialettica, in realtà segnò la nascita della cultura dell’Occidente. Pensate un po’ cosa avremmo perso se avessero vinto i nemici delle immagini. Beh, non avremmo Giotto e i suoi affreschi con la storia di San Francesco, ci mancherebbero i sublimi colori del Beato Angelico e Michelangelo non avrebbe potuto scolpire la Pietà né dipingere la Cappella Sistina.

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Marco Nese

Marco Nese è giornalista del «Corriere della Sera». Ha collaborato con Raiuno ed è autore di libri fra cui: Nel segno della mafia (Rizzoli), Parola d’ordine: Roma uno (Rizzoli), La russa (Rizzoli), La Piovra (1 -2-3-4, Eri/Mondadori, tradotti in 12 lingue), Come sopravvivere ad un figlio (Ediget). Far West (Rai Eri) e Gli eletti di Dio (Editori Riuniti).

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