Coloro che amiamo e ci hanno lasciato non sono più dove erano ma sono ovunque noi siamo. (Sant’Agostino)
Emanuele Trevi racconta nel suo “Due vite” la storia di due persone che ama, Rocco Carbone e Pia Pera, entrambi scrittori ma soprattutto amici – tra di loro, e dell’autore – morti prematuramente per un incidente stradale Rocco Carbone e una grave malattia Pia Pera. Non importa che il lettore sappia chi sono e cosa hanno scritto, non è una celebrazione, ci pensa Trevi a guidarci alla scoperta di due vite, di due persone care, in definitiva per raccontare un’amicizia. Ed è il sentimento, l’emozione dell’amicizia che dà alla sua narrazione una dimensione intima, ed è il raccontare un episodio con Rocco Romano o Pia Pera che porta ad una riflessione sulla «arte impossibile di capire la vita» (come dice lo stesso autore), come quando si chiede “Che cos’è un incidente?” a proposito della morte di Carbone.
Trevi finisce per articolare l’opera letteraria intorno al tempo più esasperatamente soggettivo: quello della memoria. La memoria è il mezzo per porre in chiaro l’esistenza di due realtà in una, quella passata e quella presente, unite in una sintesi linguistica che annulla la cronologia e che dà il senso della reversibilità del tempo.
Mentre la scrittura ci dà la presenza dell’assente, come in “Due vite” ma anche in “Qualcosa di scritto” metà romanzo e metà dossier ma soprattutto un bel ritratto di Pier Paolo Pasolini. Trevi spazia dalle descrizioni della sua esperienza al Fondo Pasolini, alle digressioni sul l’amica di sempre di Pasolini, Laura Betti fino a narrare con minuzia e precisione dell’ultimo romanzo di Pasolini, Petrolio.
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